Biografie

La biografia di Lucio Fontana
Lucio Fontana. Luce e colore
Segni di Lucio Fontana scultore
Il disegno, un'idea di Lucio Fontana

Lucio Fontana

Lucio Fontana

Lucio Fontana nasce nel 1899 a Rosario di Santa Fé (Argentina).

Il padre Luigi, italiano, in Argentina da una decina d'anni, è scultore e la madre, Lucia Bottino, di origine italiana, è attrice di teatro. A sei anni, con il padre, viene a Milano per frequentare le scuole. Già nel 1910 inizia il suo apprendistato artistico nella bottega paterna. Si iscrive poi a una scuola per Maestri Edili che lascia per arruolarsi come volontario nella prima guerra mondiale. Ferito, è congedato con medaglia d'argento al valore militare; riprende quindi gli studi e si diploma.

Nel 1921 torna in Argentina, a Rosario di Santa Fè e inizia la sua attività di scultore nella bottega di scultura del padre. Apre poi un proprio studio a Rosario. Tra il 1925 e il 1927 vince alcuni concorsi e realizza, tra gli altri, il monumento a Juana Blanco.

Torna a Milano nel 1928 per iscriversi, come allievo di Adolfo Wildt, al 1° corso dell'Accademia di Brera: a fine anno è promosso al 4° corso. Partecipa intanto a esposizioni e concorsi in Italia, in Spagna e in Argentina. Nel 1930 conosce Teresita Rasini che diventerà sua moglie. Spaziando tra figurativo e astratto, la sua scultura, sia in terracotta sia in gesso, con o senza colore, diventa più libera e personale. In quegli anni, importantissimi per la sua ricerca artistica, sempre più riconosciuta dai maggiori critici, da Argan a Belli, Persico, Morosini, partecipa alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma; espone più volte alla Galleria del Milione, inizia l'attività di ceramista ad Albisola e, nel 1937, alla Manifattura di Sèvres dove realizza alcune sculture di piccolo formato che espone, e vende, a Parigi. Intensa, già in questo periodo, la sua attività con gli architetti più all'avanguardia.

Stringe rapporti con il gruppo degli architetti razionalisti, collaborando ai loro progetti con sculture e rilievi. Un'attività che porterà avanti per buona parte della sua vita.

Nel 1934 Fontana entra in contatto con l'ambiente dell'astrattismo lombardo legato alla galleria milanese Il Milione. L'anno dopo, si lega al gruppo parigino "Abstraction-Création". Alterna opere astratte, come le tavolette graffite o le sculture in ferro filiformi, con le ceramiche "barocche", che realizza presso le fornaci di Albisola e Sévres.

Nel 1939 prende parte alla "Seconda mostra di Corrente". Nel 1940 è di nuovo a Buenos Aires, dove frequenta i gruppi d'avanguardia e partecipa alla stesura del Manifesto Blanco (1946), che segna la nascita dello spazialismo.

All'inizio del 1940 parte per Buenos Aires, dove si stabilisce, lavora intensamente e vince vari concorsi di scultura. Professore di modellato alla Scuola di Belle Arti, nel 1946 organizza con altri una scuola d'arte privata: l'Accademia di Altamira che diventa un importante centro di promozione culturale. E' proprio qui che, in contatto con giovani artisti e intellettuali, elabora le teorie di ricerca artistica che portano alla pubblicazione del Manifiesto Blanco.

Nel 1946 Lucio Fontana torna in Italia. Qui riunisce subito attorno a sé numerosi artisti. Fonda il "Movimento spaziale" e, con altri artisti e intellettuali, pubblica il Primo Manifesto dello Spazialismo. Riprende l'attività di ceramista ad Albisola e la collaborazione con gli architetti. L'anno seguente vede l'uscita del Secondo Manifesto dello Spazialismo. Nel 1949 espone alla Galleria del Naviglio l'Ambiente spaziale a luce nera suscitando al tempo stesso grande entusiasmo e scalpore.


Del 1951 è il grande arabesco al neon per la Triennale di Milano.

Parallelamente nascono le prime carte con i "Buchi". E' l'inizio della grande stagione dei Concetti spaziali.

Tra il 1951 e il 1957 elabora diversi cicli di opere, basate sulla perforazione del supporto (tela, tavola, carta) e la sovrapposizione di materiali vari: pietre, pezzetti di vetro, gesso, sabbia, payettes. Passa poi alle tele dipinte all'anilina e alle sculture spaziali su gambo.

Sul finire del 1958 realizza le prime opere con i "tagli", che riproporrà nel 1959 su tela, con il titolo Concetto spaziale. Attese. Una variante è costituita da I Quanta, insieme di 9 tele poligonali, recanti un taglio ciascuna.

Del 1959 sono anche le sculture in bronzo Natura. Nel 1960, parallelamente alle tele con i tagli, avvia il ciclo di tele con i cosiddetti "crateri", squarci prodotti nella tela, spalmata di colore ad olio. Nel 1962 è la volta dei "Metalli", lastre di ottone o di acciaio squarciate.

Nel 1963 appare la notissima serie della Fine di Dio, grandi tele ovali verticali monocrome, recanti squarci. Nel 1964 è la volta dei cosiddetti "teatrini", tele con buchi, incorniciate da bordi sagomati in legno che simulano una quinta teatrale.

Rientrano nell'intensa attività espositiva di questi anni, la retrospettiva del Walzer Art Center di Minneapolis e il Gran Premio per la pittura della Biennale di Venezia, entrambi del 1966. Dell'anno seguente sono le "Ellissi", le sculture in metallo verniciato e le scenografie del Ritratto di Don Chisciotte per la Scala di Milano.

Lucio Fontana muore nel 1968, dopo essersi trasferito nella casa di famiglia a Cornabbio, in provincia di Varese.

Nel 1982 Teresita Rasini Fontana, moglie dell'artista, dà vita alla Fondazione Lucio Fontana. Ancora oggi la Fondazione costituisce una delle iniziative meglio gestite nel campo della valorizzazione e della tutela del lavoro di un artista.

Di lui ha scritto Enrico Crispolti come di "un artista intimamente fenomenologico, e intimamente evoluzionista, offerto al XXI secolo quale esempio di fiducia profonda nelle possibilità innovative della vita e nelle risorse creative umane. Il suo, un atteggiamento umano e operativo sostanzialmente di chi concepisca la vita sempre in positivo; la sua, una visione sempre fenomenologicamente evolutiva, senza pause o cadute in cristallizzazioni stilistiche, sviluppata in un inesauribile naturale slancio innovativo, in modi continuamente di straordinaria freschezza creativa e di eccezionale essenzialità di modi propositivi."

Le sue ricerche artistiche hanno attraversato i decenni centrali del XX secolo. Si è misurato tanto con la "cultura simbolista" e con il "Purismo" (Maillol e Wildt) quanto con il "Novecento" (Arturo Martini). A quest'ultimo si è poi contrapposto con svolgimenti plastici del "Cubismo" (Archipenko e dopo Zadkine). In seguito si è dedicato a varie ricerche che vanno dal "non figurativo" al "Futurismo" e il suo dialogo con le correnti europee ha riguardato anche i gruppi "Zero" e "Nul". La sua opera è vasta e varia quanto originale. Chi non ricorda il gesto creativo del suo segno nei famosi tagli, buchi o graffiti? L'ennesima dimostrazione dell'estrema attualità della sua opera che si configura come rottura con una spazialità assoluta e apre ad una spazialità cosmica e perciò infinita.

Alla base di tutto questo la libertà creativa che ha sempre caratterizzato la sua opera e che ne ha segnato l'evoluzione nel tempo e nello stile.

"Tuttavia - chiarisce Crispolti - attraverso una tale varietà di interessi operativi, manifestatasi non soltanto nel tempo ma anche appunto in una concomitante molteplicità di caratterizzazioni linguistiche delle sue proposizioni pittoriche e plastiche, si riscontra nel lavoro di Fontana una ricorrenza pressoché costante del modo di strutturare l'immagine, plastica o pittorica o ambientale che essa sia. Vale a dire che, pur attraverso una molteplicità di modi operativi quanto una estesissima gamma di configurazione linguistica dei relativi esiti, il modo di concepire strutturalmente l'immagine risulta analogo, e fondato essenzialmente su una consistenza disegnativa dell'articolazione strutturale dell'immagine stessa."