Biografie

Giovanni Fattori
(Livorno, 1825 - Firenze, 1908)

Giovanni Fattori - Autoritratto, 1854

Dopo un apprendistato presso Giuseppe Baldini, un artista livornese con esperienze romane, si stabilì a Firenze nel 1846 per studiare privatamente con Giuseppe Bezzuoli, ma già alla fine di quell'anno s'iscrisse all'Accademia di Belle Arti. Degli anni della sua formazione artistica esistono pochi documenti e quei pochi di scarso valore; tuttavia fin dai primi anni cinquanta fu un frequentatore assiduo del Caffè Michelangelo, dove nel 1892 dipinse a fresco un Trovatore, soggetto caro al romanticismo storico, come l'Ildegonda soggetto ispirato al romanzo di Tommaso Grossi, con cui esordì alla Promotrice fiorentina nel 1855. A quella data aveva sperimentato, insieme al pittore torinese Andrea Gastaldi, la pittura dal vero in campagna e nel 1854 eseguito il suo primo quadro di qualità a noi noto: l'Autoritratto ora alla Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti, a Firenze. Sempre nel 1855 egli presentò a Livorno una Elisabetta regina d'Inghilterra nell'atto di consegnare al cardinale arcivescovo il giovane duca di York, eseguito su committenza inglese; fra il 1856 e il 1857 dipinse soggetti di storia in costume, d'ispirazione letteraria resi con la maniera intensamente chiaroscurata allora adottata a Firenze nel tentativo di rinnovare i temi di storia per via formale.

Viale Principe Amedeo

Giovanni Fattori
Viale Principe Amedeo
Olio su tela

Dal 1858, in sintonia con il ritemprato formalismo dei pittori toscani amici di Degas a Roma, si dedicò a meditate ricerche analitiche per ottenere una composizione basata sui rapporti ombra-luce, decisamente astrattiva, il cui esito fu la Maria Stuarda al campo di Crookstone, cui lavorò dal 1858 al 1861. All'estate del 1859 risalgono le tavolette che raffigurano i soldati francesi di stanza alle cascine, molto ammirate da Nino Costa, il quale consigliò all'artista di partecipare al Concorso Ricasoli per il tema di storia contemporanea. Vinto il concorso con il bozzetto del Campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Fattori si recò nell'estate del 1861 sui luoghi della battaglia, per studiare gli effetti di luce e d'atmosfera.

Ave Maria

Giovanni Fattori
Ave Maria
Olio su tavola

Il quadro non ancora finito fu presentato alla prima Esposizione nazionale, allestita a Firenze nel settembre di quell'anno. Al 1861 risalgono anche il Ritratto della cugina Argia (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti), e probabilmente quello dei Fidanzati. Fra il 1862 e il 1866, Fattori, tornato a vivere a Livorno, si applicò con impegno alla pittura di paese e al ritratto, i medesimi generi che a Firenze erano argomento delle ricerche dei macchiaioli a Piagentina. Oltre ai tanti studi e bozzetti di campagna maremmana, risalgono a quegli anni opere di grande rigore formale e di potenza emotiva come Ritratto della prima moglie (1865 circa, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), Acquaiole livornesi (1865), Le macchiaiole (1865), L'episodio dell'assalto alla Madonna della Scoperta, del 1864. A Livorno nacque anche un dipinto esemplare della sintesi macchiaiola quale La rotonda di Calmieri, datata 1866. Nel 1867 si stabilì nuovamente a Firenze e partecipò al Concorso di Pittura nazionale, vincendo un premio con la redazione monumentale dell'Assalto alla Madonna della Scoperta (1868, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori). Quell'estate fu ospite per la prima volta di Diego Martelli a Castiglioncello, dove ebbe l'opportunità di lavorare in fruttuosa dimestichezza con Abbati e Borrani. Nacquero allora i ritratti di Diego, della sua compagna Teresa Fabbrini, di Valerio Biondi seduti in pose informali sulle chaise longues all'ombra dei lecci, e opere più solenni quali Bovi al carro (Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Nel 1870 ottenne un premio all'Esposizione nazionale di Parma con il Principe Amedeo ferito a Custoza. Nel 1872 si recò a Roma per l'esecuzione di un importante dipinto, il Mercato di cavalli in piazza Montanara, esposto nel 1873 a Vienna e poi perduto in un naufragio durante il ritorno in Italia dopo l'esposizione di Melbourne del 1880. A Roma dipinse Barrocci romani, appartenuto a Diego Martelli, esemplare della solenne cadenza metrica e della severa sintesi formale, esito di un'analisi lenta e rigorosa. Nel 1873 dipinse La carica di cavalleria, poi inviato a Parigi all'Esposizione universale del 1878.
Nel 1875 si recò a Parigi insieme a Francesco Gioli, Egisto Ferroni e Niccolò Cannicci, dove s'interessò soprattutto alla pittura Barbizon e all'opera di Corot. Al ritorno fu ospite di Francesco Gioli a Fauglia, sulle colline pisane, dove dipinse amabili immagini femminili immerse nel paesaggio, inconsuete per lui; ne è un esempio Vallospoli, anch'esso appartenuto a Diego Martelli (1875, Firenze, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Intorno al 1880 avviò la sua ricerca verso espressioni intense e organicamente complesse con esiti eccelsi quali Lo scoppio del cassone (1880 ca. Venezia, Ca' Pesaro) e Lo staffato (1880, Galleria d'Arte Moderna di Palazzo Pitti). Da allora si dedicò quasi solo ai soggetti militari e campestri, spesso ambientati in Maremma, come quelli ispirati a esperienze vissute alla Marsiliana, presso Albinia, ospite di Tommaso Corsini, quali la Merca dei puledri e il Salto delle pecore esposti a Venezia nel 1887 insieme al Riposo (Milano, Pinacoteca di Brera). Si applicò assiduamente all'acquaforte, ottenendo risultati di grande qualità tanto che nel 1900 vinse la medaglia d'oro all'Esposizione universale di Parigi.
La sua costante disposizione alla ricerca e al rinnovamento lo spronò a lavorare con intensità fino alla morte, alternando a lavori di grande impegno, quali il Ritratto della figliastra e quello della sua seconda moglie del 1889, studi di paese e della propria vita familiare. In quegli anni l'artista tornava a Livorno ogni estate, ritrovando la calorosa amicizia di vecchi allievi come Guglielmo Micheli, di giovani promettenti e ammiratori della sua pittura, quali Amedeo Modigliani, Llewellin Lloyd, Antonio Antony de Witt, Oscar Ghiglia.
Nel 1896, la morte di Diego Martelli lo privò di un'amicizia e di un conforto, anche materiale, per lui insostituibili. Rimasto vedovo nel 1903, Fattori si risposò per la terza volta e anche di questa sposa fece il ritratto (1905, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori), ambientandolo in un angolo dello studio con alle spalle uno scorcio di un amatissimo quadro I butteri, eseguito nel 1903.
Rimasto vedovo per la terza volta nel 1905, trascorse i suoi ultimi anni a Firenze, confortato dalla presenza dei pochi amici rimasti e degli allievi, fra cui Ulvi Liegi, Anna Franchi, Giovanni Malesci.


1825 - 1849
Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 e inizia a lavorare fin da  piccolo al banco d'affari del fratellastro Rinaldo, manifestando una precoce  passione e un indubbio talento per il disegno. A 15 anni il padre Giuseppe lo  manda perciò a lezione dal pittore Giuseppe Baldini. E' il 1846 quando Fattori  si trasferisce a Firenze, dove studia per alcuni mesi con Giuseppe Bezzuoli per  poi iscriversi all'Accademia di Belle Arti. Le condizioni economiche assai  precarie non gli impediscono di seguire i corsi con regolarità. Attratto dagli  ideali risorgimentali, nel 1848 si lega al Partito d'Azione diffondendone la  stampa clandestina, senza tuttavia prender parte ai moti rivoluzionari. L'anno  dopo è a Livorno assediata dagli austriaci, tragica esperienza che ne alimenta il  patriottismo e la sensibilità morale e artistica.

1850 - 1859
Fattori legge perlopiù i grandi romanzi storici, da cui trae spunti iconografici  importanti. E' il periodo della ricerca artistica condotta in solitudine, lontano  dalla scuola. A Firenze è tra i primi frequentatori del Caffé Michelangiolo.  Fattori inizialmente resta ai margini delle discussioni dei pittori progressisti  (chiamati di lì a poco Macchiaioli), ma ne viene comunque influenzato. Nel  1852 lascia l'Accademia e inizia una carriera autonoma che lo costringe a  guadagnarsi da vivere. Con una serie di vignette litografiche per le gazzette  debutta nella grafica e attratto dalla pittura dal vero dipinge numerosi ritratti dei  familiari e paesaggi. Nell'estate del 1859 ritrae dal vero dei soldati francesi  accampati alle Cascine. Sono i suoi primi esperimenti di pittura con stesura a  macchia, escursioni in un realismo particolare, che ricava nuovi fermenti  dall'incontro con il pittore romano Nino Costa. Dietro suo consiglio Fattori  partecipa al concorso Ricasoli, che vince con il bozzetto Il campo italiano dopo  la battaglia di Magenta in cui risalta un'inedita concezione della cronaca. E'la  fase dei soggetti di carattere militare.

1860 - 1867
Lo sperimentalismo della macchia si allarga alle scene dal vero e procede verso  una crescente libertà esecutiva, che Fattori applica soprattutto alla pittura di  paesaggio e ai temi dell'umile lavoro quotidiano, autentica fonte di ispirazione.  Nel luglio del 1860, a 35 anni, sposa Settimia Vannucci che nel 1867 morirà di  tubercolosi. La malattia della moglie costringe la famiglia a lasciare il clima  insalubre di Firenze per Livorno, dove l'artista dipinge vari ritratti. Cambia  intanto l'atmosfera politica. Il nuovo Regno d'Italia (1861) non corrisponde alle  aspettative e agli ideali del Risorgimento e la cocente delusione, insieme alla  morte di Settimia, ha in Fattori effetti deprimenti, uno stato d'animo triste e  negativo dal quale lo riscatta l'amicizia di Diego Martelli. La grande tenuta di Martelli a Castiglioncello lo ospita per qualche mese per poi diventare meta di  frequenti soggiorni e scenario di numerosi dipinti maremmani.

1869 - 1881
Nel 1869 Fattori riceve dall'Accademia di Belle Arti di Firenze la nomina a professore di pittura. Negli anni seguenti si esercita nelle prime incisioni.  Una delle sue tele più famose, la Carica di cavalleria, è del 1872, l'anno in cui  l'artista va per la prima volta a Roma. Nel 1875 si decide anche ad andare a  Parigi, viaggio tuttavia culturalmente deludente. L'incontro con gli artisti  francesi, in particolare con gli impressionisti, lo lascia infatti quasi indifferente.  Intanto l'Esposizione Internazionale di Filadelfia premia il suo dipinto Mercato  di Cavalli in Piazza Montanara, opera poi perduta nel naufragio del piroscafo  Europa col quale stava rientrando in Italia. Alla Battaglia di Custoza lavora  fino a circa il 1880, anno in cui l'Istituto di Belle Arti di Firenze nomina Fattori  professore onorario. L'approccio ai temi militari e all'epopea del Risorgimento  è cambiato, l'entusiasmo annega nel rimpianto, nella rassegnazione. Fattori  prende sempre più spesso la via della Maremma, la campagna diventa il tema  prediletto. Ormai avviato alla mezza età, il pittore conosce Amalia Nollemberg,  una giovane di cui si innamora e con cui avrà una lunga relazione fonte di  molte critiche e perciò poi interrotta.

1882 - 1890
In Maremma, nella tenuta La Marsiliana del principe Tommaso Corsini di cui  è ospite, Fattori scopre i butteri e lavora a vari studi. In questi anni realizza  anche le prime importanti incisioni (nel 1884 la Cromo-Lito Pistoiese fa una  tiratura di venti sue litografie), tra cui quella derivata dal dipinto Carica di  cavalleria. L'inizio della relazione con la vedova Marianna Bigazzi, che sei  anni dopo sposerà, risale al 1885. L'anno dopo l'Accademia di Firenze gli  affida l'incarico di professore di perfezionamento. I riconoscimenti non bastano  a ripagare i nuovi stimoli creativi e ciò provoca in Fattori una spinta crescente a  chiudersi in se stesso. Nel 1887 il mondo dei butteri debutta all'Esposizione  Nazionale di Venezia con tre dipinti: Il riposo, Marcatura dei puledri e Il salto  delle pecore. Nel 1889 Fattori espone delle acqueforti alla Prima Esposizione  di Belle Arti di Bologna. Nella circostanza, l'Accademia locale lo nomina  membro onorifico. Nel 1890 riceve una menzione speciale all'Esposizione  Universale di Parigi e la medaglia d'oro alla rassegna internazionale di Colonia.

1891 - 1908
Il decennio di fine secolo si distingue per la particolare produttività. Fattori  realizza molte incisioni all'acquaforte e partecipa regolarmente alla Biennale di  Venezia fin dalla prima edizione del 1895. Riceve anche molti riconoscimenti  ufficiali: nel 1900 la medaglia d'oro dell'Esposizione Universale di Parigi  per l'incisione Bovi al carro (Maremma); nel 1901 è chiamato a far parte della  Commissione artistica della Calcografia Nazionale di Roma; nel 1903 il corpus  delle sue incisioni viene pubblicato in edizione speciale in cartella. Nel maggio  di quello stesso anno muore anche la seconda moglie Marianna. Nel 1904  l'Esposizione universale di St. Louis lo premia con la medaglia d'argento.  Nel 1907, a 82 anni, sposa in terze nozze la sessantaduenne Fanny Martinelli  che solo un anno dopo lo lascia di nuovo vedovo. E' il 1908: il 30 agosto anche  Giovanni Fattori muore a Firenze, in un'aula dell'Accademia.