Biografie

Willem de Kooning

1904
Nasce il 24 aprile a Rotterdam, Olanda.

1916
Abbandona la scuola e comincia a lavorare come apprendista presso il laboratorio di arti commerciali e decorative di Jan e Jaap Gidding.

Untitled VII

Willem de Kooning
Untitled VII
Collezione Privata, New York, 1981Dipinto, Dim:
175 x 202 cm

1917-1921
Frequenta i corsi serali di belle arti e doratura all'Accademia di belle arti e tecniche artistiche di Rotterdam, dove è possibile che sia tornato a completare i suoi studi nel 1925.

1920
Lascia la ditta dei Gidding per lavorare con Bernard Romein, direttore artistico e designer di un grande magazzino di Rotterdam.

Untitled I

Willem de Kooning
Untitled I
Collezione Privata, New York, 1982Dipinto, Dim:
175 x 202 cm

1926
Immigrato illegalmente via mare negli Stati Uniti, il 15 agosto sbarca a Newport News, Virginia, e si stabilisce poco dopo a Hoboken, New Jersey. Lavora come imbianchino.

1927
Si trasferisce a New York.

1929-1931
Conosce gli atisti John Graham, Stuart Davis, David Smith, il mercante Sidney Janis e Arshile Gorky, che diventerà uno dei suoi migliori amici e che si suiciderà nel 1948.

1935
Agosto. Si unisce alla sezione pitture murali del WPA Federal Art Project; lavora alla preparazione di un murale per il Williamsburg Federal Housing Project, Brooklyn (mai realizzato). E' costretto a lasciare la WPA dopo un anno perché non ha la cittadinanza americana.

1936
Comincia a dipingere a tempo pieno.
14 settembre - 16 ottobre. Partecipa per la prima volta a una mostra in un museo, "New Horizons in American Art", Museum of Modern Art, New York.
Incontra il critico Harold Rosenberg.

1937
È incaricato di disegnare una sezione di una pittura murale in tre parti, Medicine, per il padiglione farmaceutico della Esposizione Universale di New York del 1939.

1938
Incontra la studentessa di arte Elaine Fried, che diventerà suo allieva e successivamente sua moglie.

1942
Conosce Jackson Pollock.

1943
9 dicembre. Sposa Elaine Fried.

1948
12 aprile - 12 maggio. Prima mostra personale, "de Kooning", Charles Egan Gallery, New York
Conosce il critico Thomas Hess.
Ottobre. Una sua opera, Painting, 1948, è acquistata per la prima volta da un museo, il Museum of Modern Art di New York.

1949
È socio fondatore di un nuovo gruppo di discussione sull'arte, "The Club," 39 East 8th Street, New York.

1950
Porta a termine Excavation, che sarà esposta alla XXV Biennale di Venezia, dal 3 giugno al 15 ottobre. Inizia a lavorare a Woman I, 1950-1952.

1951-1952
Inizia a trascorrere l'estate a East Hampton, New York.

1953
21 aprile - 8 maggio. Prima retrospettiva, "de Kooning: 1935-1953," School of the Museum of Fine Arts, Boston, Massachusetts. Robert Rauschenberg domanda e ottiene da de Kooning un disegno da "cancellare", oggi noto come Erased de Kooning Drawing.

1955
Si separa da Elaine de Kooning.

1956
29 gennaio. Dal rapporto con Joan Ward, nasce la figlia Johanna Liesbeth (Lisa).

1957
Realizza la prima stampa superstite, un'acquaforte per una poesia di Harold Rosenberg, Revenge.

1958
Respinge l'invito del Museum of Modern Art all'allestimento di una grande mostra retrospettiva.

1959-1960
28 luglio, 1959 - gennaio 1960. Si trasferisce a Roma dove continua a dipingere.

1960
Visita San Francisco, dove esegue le sue prime due litografie.

1961
Inizia a progettare e a realizzare lo studio di Springs, a New York.

1962
13 marzo. Ottiene la cittadinanza americana.

1963
Marzo. Si trasferisce definitivamente da New York City a Springs.

1964
14 settembre. È decorato con la Medaglia presidenziale della libertà dal presidente Lyndon B. Johnson.

1965
8 aprile - 2 maggio. Prima retrospettiva in un museo americano, "Willem de Kooning", Smith College Museum of Art, Northampton, Massachusetts.

1968
Settembre. Torna in Olanda, per la prima volta dal 1926, per l'inaugurazione della sua prima mostra personale presso lo Stedelijk Museum di Amsterdam (19 settembre-17 novembre), la prima delle cinque sedi che ospiteranno la retrospettiva, "Willem de Kooning", organizzata da Thomas B. Hess per il Museum of Modern Art di New York (6 marzo-27 aprile 1969)

1969
Luglio. E' di nuovo a Roma. Modella le sue prime tredici sculture in argilla, che furono poi gettate in bronzo nella fonderia di un suo amico scultore, Herzl Emanuel.

1970
Gennaio. Visita il Giappone in compagnia di Xavier Fourcade.

1970-1971
Crea alcune serie di litografie nell'Hollander Workshop di New York.

1975
25 ottobre - 6 dicembre. Prima esposizione personale presso Fourcade, Droll Inc., New York.
Nel 1976, Xavier Fourcade, Inc. sostituì Fourcade, Droll, mantenendo l'esclusiva delle opere di de Kooning fino alla morte di Xavier Fourcade, nell'aprile del 1987.

1978
Torna a frequentare Elaine de Kooning.

1979
24 aprile. In occasione del suo settantacinquesimo compleanno, il governo olandese lo nomina Ufficiale dell'ordine di Orange-Nassau.

1980
Inizia a lavorare alla realizzazione di versioni ingrandite (in dimensioni medie e monumentali) del primo dei tre bronzi del 1969, che saranno colate nella fonderia Tallix di Peekskill, New York.

1983-1984
15 dicembre - 26 febbraio 1984. Grande mostra retrospettiva, "Willem de Kooning: Drawings,
Paintings, Sculpture", Whitney Museum of American Art, New York.

1989
Primo febbraio. Morte di Elaine de Kooning.
27 settembre. Lisa de Kooning e John L. Eastman sono nominati curatori della proprietà di Willem de Kooning.

1993
21 ottobre - 9 gennaio 1994. Prima esposizione completa della maggiore collezione pubblica delle sue opere, "Willem de Kooning from the Hirshhorn Museum Collection", Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, D.C.

1994
24 aprile. Compie novanta anni.
8 maggio - 5 settembre. Retrospettiva dei dipinti, "Willem de Kooning: Paintings", National Gallery of Art, Washington, D.C.

1995
3 ottobre - 7 gennaio 1996. Prima esposizione museale dedicata alle opere degli anni ottanta, "Willem de Kooning: The Late Paintings, The 1980s", San Francisco Museum of Modern Art.

1997
19 marzo. Muore nella sua casa di East Hampton, New York, all'età di 92 anni.


DARE VOCE ALLA MEMORIA. GLI ULTIMI DIPINTI DI WILLEM DE KOONING
Gli ultimi dipinti di Willem de Kooning sprizzano felicità. Sono le opere di un maestro che ha scelto consapevolmente, all'età di settantasette anni, di cambiare strada, di cercare nuove soluzioni, dimenticando il rigore delle strutture giovanili per dipingere in modo esuberante e gioioso. Agli inizi degli anni ottanta, de Kooning era soddisfatto di quel che aveva fatto e aveva raggiunto uno stadio di perfetta libertà e serenità nella vita e nel lavoro, che si manifestava in una visione di intensa chiarezza.
I dipinti successivi proseguono, attraverso diverse fasi, in questa direzione, fino a raggiungere la ricchezza di colori e il selvaggio abbandono dei quadri del 1987-1988. Questo modo di dipingere accompagnerà de Kooning nei suoi ultimi anni, fino a quando non cesserà di farlo nel 1990, sette anni prima di morire. Gli ultimi dipinti - non solo un nuovo stile, ma nuove invenzioni - sono liberi, consapevoli, musicali e animati da una vibrante vitalità.
In questi anni de Kooning parlava con ammirazione di Matisse e, a quanto sembra, lo faceva quasi tutti i giorni. Decise consapevolmente di lasciarsi influenzare da Matisse. Voleva raggiungere la leggerezza del maestro francese e si servì del suo esempio per rompere con il costruttivismo cubista.
I primi indizi di un cambiamento si manifestano nel 1981. In Untitled VII si possono scorgere ancora i riflessi di Door to the River, 1960, ma si avverte anche un certo rilassamento, la sensazione che tutto sia sul punto di disfarsi, di scardinarsi. Lo sfondo che manteneva unita la composizione è sostituito da un'atmosfera sempre più effervescente, e ben presto le immagini e i colori cominciano a liberarsi e a fluttuare, come la fila di barche dondolanti in mare aperto, simili a giovani ballerine di fila, in Untitled XXIX. La nitida chiarezza di questo dipinto, forse un ricordo di Rotterdam o di Hoboken, apre la via agli sviluppi successivi. Nel 1983 le linee galleggiano in aria, sospese dalla luce, eteree e inafferrabili. Sembra quasi che de Kooning sentisse di avere dinanzi a sé uno spazio aperto, una radura. Con una sconfinata fiducia nelle sue intuizioni, de Kooning punta dritto in quella direzione, cercando ogni possibile occasione di cogliere nuove opportunità.
Le opere rosa dipinte tra il 1982 e il 1984 sono pervase da un senso di grazia. Nelle opere di questo periodo il disegno si esprime con la massima libertà, come se l'artista tracciasse linee e forme nell'aria.
Fluttuano liberamente nel vuoto, piene di giubilo.
Il rosa è il colore predominante di Woman Sag Harbor, 1964, e dei primi dipinti realizzati da de Kooning dopo essersi trasferito nel suo nuovo studio di Springs.
È il colore della luce all'estremità orientale di Long Island, uno dei principali motivi che spinge gli artisti a frequentare da sempre questa zona. È quella che Omero chiamava "l'aurora dalle dita di rosa", e nei mesi invernali la luce di un rosa cristallino conferisce al paesaggio una nitidezza abbagliante.
È chiaro ormai che la pittura dell'ultimo Willem de Kooning non può essere ridotta alla storia delle strisce di colore rosso, giallo e blu, celebrate sin dai tempi della loro prima esposizione a New York nel 1985, presso la galleria di Xavier Fourcade. Queste opere familiari risalgono principalmente agli anni tra il 1984 e il 1985, la "quiete prima della svolta", come l'ha definita David Sylvester, e sono diventate emblematiche della pittura dell'ultimo de Kooning solo perché sono state esposte più delle altre.
È triste dover ammettere che, se Xavier Fourcade non fosse morto nella primavera del 1987, quattro giorni dopo l'ottantatreesimo compleanno di de Kooning, nell'autunno dello stesso anno sarebbero state esposte nella sua galleria opere del 1986 e forse del 1987. La mostra, già progettata, avrebbe cambiato la percezione che si aveva allora, e che si continua ad avere, della pittura dell'ultimo de Kooning.
Tra le opere di questo periodo, una delle più importanti è il Triptych (Untitled V, Untitled II, Untitled IV), destinato originariamente alla chiesa di Saint Peter a New York, e noto per alcuni anni con il titolo di Hallelujah. Chiunque abbia avuto occasione di visitare la cappella Matisse a St. Paul de Vence capirà quanto possa essere attraente per un artista l'idea di ricreare la quiete e la semplicità di quel luogo. De Kooning fu compiaciuto della richiesta e, saggiamente, decise insieme a Fourcade che i dipinti non dovessero essere considerati una
commissione, ma offerti alla chiesa a titolo di prova.
Dalla documentazione relativa al progetto emerge una corrispondenza caratterizzata da drammatici colpi di scena e ripensamenti, oltre che dall'uso di uno splendido linguaggio ecclesiastico, ma in sostanza il progetto fu abbandonato dopo la morte di Xavier, che senza dubbio sarebbe riuscito a condurlo in porto.
La prima versione dell'opera prevedeva due stretti pannelli laterali, ma non soddisfaceva l'impulso dell'artista. Gli sembrava troppo compressa. Alla fine optò per tre dipinti separati, ne voltò uno su un lato, e risolse la situazione creando uno spazio più vasto, un'ampia zona da esplorare con l'immaginazione, una presenza più importante. La collocazione di un
pannello orizzontale tra due verticali crea un ritmo di danza che dona vivacità e leggerezza al trittico, consentendogli di raggiungere il suo obiettivo: elevare lo spirito.
La possibilità di girare su un lato un dipinto faceva parte del procedimento. Il cavalletto di de Kooning era collocato su una specie di pozzo, per permettere all'artista di regolare come desiderava l'altezza del dipinto e di lavorarci da tutti i lati. Si può supporre che tutti i dipinti si trovassero inizialmente in posizione orizzontale ma nessuno poteva dire che orientamento avrebbero avuto alla fine. Lo studio, molto luminoso e con soffitti alti sei metri, era stato progettato dallo stesso de Kooning e realizzato da artigiani del posto, dato che de Kooning cambiava idea ogni giorno. È formato da una specie di prua che si estende di fronte alle camere da letto, nascoste al piano superiore, e nel complesso dà l'impressione di trovarsi su una nave. È una meraviglia architettonica, almeno dal punto di vista dell'artista che dipinge un quadro. Fu terminato quando l'artista aveva sessant'anni, e tutte le opere realizzate nei venticinque anni successivi furono dipinte in questo luogo. È un mondo chiuso e autosufficiente, ed è facile capire perché de Kooning se ne allontanasse di rado; un giro in bicicletta o una camminata sulla spiaggia potevano bastare.
Come emerge da tutte le testimonianze, mano a mano che de Kooning diveniva più vecchio e sempre meno incline alla conversazione, una forte etica del lavoro, il vigore fisico e gli agi del suo studio erano tutto ciò di cui aveva bisogno per continuare a dipingere.
La collocazione naturale dello studio e il suo design essenziale si adattavano perfettamente ai bisogni di un uomo anziano, felice di poter continuare a svolgere quotidianamente il suo lavoro. Era circondato dai suoi assistenti, pittori che lavoravano al suo fianco, confortato da una memoria ancora vivace e dalla compagnia della sua storia dipinta. Mentre lavorava, era capace di fischiettare nota per nota l'intera Petrushka di Stravinskij.
Dal 1986 in poi si assiste a un'esplosione del colore.
De Kooning annunciò di essere tornato a fare un uso completo della sua tavolozza. Aveva la capacità, l'energia e la volontà per andare oltre. I quadri di questo periodo uniscono emozioni sfrenate a una grande chiarezza. Sono liberi e ispirati, come lo sono in genere le opere dipinte con grande rapidità.
Sembrano pieni di luce ed emergono direttamente dall'interiorità di de Kooning, da qualche ricordo profondo e fondamentale, mentre la sua anima si proietta sulla tela con convinzione e a volte perfino con una certa enfasi. È un uccello azzurro, quello raffigurato nel dipinto senza titolo del 1988?
La stessa forma era comparsa in precedenza e, che si tratti o no di un uccello azzurro, non possono esserci dubbi sullo stato d'animo di de Kooning.
Uno scavo approfondito nella memoria deve essere all'origine della produzione di immagini come la figura blu e lavanda di un'opera senza titolo del 1988, che ha un'aria troppo personale per non essere una forma di autoritratto o la rappresentazione di un ricordo infantile. Il colore blu sembra essere sempre in rapporto con l'Olanda, e i dipinti blu appaiono spesso legati a qualche reminiscenza.
Il personaggio è simile a un fumetto e il dipinto sembra avere un carattere scherzoso, che l'artista desiderava condividere con gli altri. Giunto a questo punto della sua esistenza, de Kooning è completamente privo di preoccupazioni, libero da ogni pensiero riguardante la vita quotidiana. Qualcuno pensava a cucinare i suoi pasti, i suoi assistenti erano al lavoro e gli erano devoti, ma in modo disinvolto e non imbarazzante. Tra essi, una doveva essergli particolarmente cara, perché conosceva il fiammingo e gli leggeva brani da un romanzo fiammingo di Aster Berkhof, Amanda, la storia di una donna che non sopportava la vita domestica, accanto al marito e ai figli. A volte si divertiva perfino a sfidarla a braccio di ferro, per dimostrarle quanta forza fisica conservasse ancora all'età di ottantaquattro anni.
A quasi venti anni di distanza, ella è ancora in grado di descrivere con vivacità il modo di dipingere di de Kooning, l'arco disegnato dal suo braccio mentre tracciava un'ampia e potente pennellata dall'alto in basso per tutta la lunghezza della tela, dando prova della sua capacità di afferrare intuitivamente lo spazio. De Kooning era agile e consapevole della sua efficienza fisica.
Immaginare de Kooning ottantenne, mentre dipinge a East Hampton in un paesaggio così simile a quello della sua giovinezza, per il tipo di luce, l'orizzonte basso, l'odore del mare, vuol dire avere di fronte un uomo sereno, equilibrato e soddisfatto. Chi avesse la fortuna di osservare i suoi quadri nel suo studio, noterebbe che i colori sono semplicemente gli stessi del cielo, della spiaggia lungo la baia, e che la loro freschezza non è frutto di un'invenzione.
Il periodo di massima creatività di un artista dura in genere un tempo limitato. Il momento più alto della pittura di de Kooning rimane senza dubbio quello delle Women. La sua capacità di rappresentare il lato selvaggio delle donne, la loro natura libera e vivace, non ha rivali, ma trova un'eco nelle opere più tarde, che, seppure meno turbolente, appaiono altrettanto luminose. Ci si potrebbe chiedere se il ricordo delle donne è ancora presente nelle sue ultime opere.
La forza e la motivazione sono evidenti e può capitare che qualcuna faccia capolino in un modo un po' barocco.
Se si volessero rintracciare gli aspetti che accomunano le opere tarde di molti grandi artisti, si dovrebbero citare ai primi posti lo spirito giovanile, la forza della memoria, forse un atteggiamento innocentemente fiducioso. Agnes Martin, dopo decenni di dipinti senza titolo, il cui significato sfidava ogni interpretazione, cominciò improvvisamente nei suoi ultimi anni a dare alle sue opere titoli quali Loving Love, I Love the Whole World, Everyday Happiness. In questo momento, Georg Baselitz è intento a ridipingere su una scala più grande i soggetti e i temi dei dipinti degli anni sessanta, settanta e ottanta e anche i paesaggi boschivi che dipinse da ragazzo. I dipinti del ciclo Bacchus, realizzati da Cy Twombly nel 2005, hanno richiesto all'artista il maggiore impegno fisico e gestuale della sua carriera, e questo all'età di settantasette anni, la stessa età di de Kooning quando dipinse il primo quadro esposto in questa mostra.
È evidente in Bacchus la volontà di asserire con coraggio e fiducia la forza dell'artista, ancora pienamente padrone di sé e in grado di sorprendere o sbalordire chi lo circonda, e capace di stravaganze come quella di ritagliare silhouette di carta a letto.
La moralità dell'arte rimane nello spirito che essa lascia dietro di sé e lo spirito è quello che resta nella memoria. Gli ultimi dipinti di Willem de Kooning modificheranno il suo ricordo.

Julie Sylvester


LA GRAZIA DI DE KOONING
Anche se de Kooning attese fino al 1948 per promuovere una propria personale, egli era comparso già dagli anni trenta nell'ambiente artistico newyorkese, a fianco dei futuri maestri della pittura "d'azione". Ma evitava di mescolarsi ai gruppi che si formavano con programmi definiti e soprattutto alle ideologie tanto politiche quanto artistiche, affezionato come era alla meteorologia dei propri sentimenti e incline, da una parte all'isolamento in una ritrosa anarchia, dall'altra a una visione aperta e di respiro cosmopolitano.
Aveva avuto una formazione europea, aveva conosciuto più ambienti, e da ciò derivava una visione disponibile a diverse aperture, sostanzialmente eclettica, oscillando tra il visionarismo surrealista e la severità del cubismo.
La sua partenza fu dunque ambigua, nell'inseguire un linearismo instabile, che giocava su più piani, evolvendo però, via via, verso quelle forme "biomorfiche" debitrici a Mirò che dovevano caratterizzare lo stile più avanzato. La sua visione si abbandonava volentieri all'indefinito e all'incompletezza, al provvisorio, come se le sue forme fossero attratte, al momento stesso di nascere, da un perenne mutamento in atto.
È la "qualità della transizione", come è stato detto, che resta dominante in tutto il suo percorso.
In uno uno spazio quasi onirico, il giovane de Kooning lascia fluttuare elementi scissi del reale tra arabeschi indistinti, all'insegna di una bicromia rosa e blu. Lo sciacquio delle linee, tra i frammenti frullati di figure e di oggetti, comincia poi a montare come una mareggiata in una gestualità tumultuosa, di urgente impulso espressionista, esaltato dall'uso di smalti neri.
Si assiste allora alla liberazione di un'energia esondante, che si esprime con l'evidenza anche fisica dei colpi inferti dalla mano, in pennellate larghe, veloci, vive, taglienti, tali da ispirare a Harold Rosenberg, insieme alla pittura di Pollock e di Kline, la definizione di "action painting".
Come ha scritto Sam Hunter, "dalla fine degli anni quaranta alla metà dei cinquanta, de Kooning fu la figura dominante nella pittura americana e fornì un vocabolario di idee pittoriche vitali e un punto di partenza per nuove esplorazioni. Le energie liberatrici e il radicalismo formale di Pollock gli conferirono il rango di ‘eroe', oggetto di venerazione da parte dei giovani artisti, e la sua prematura morte, avvenuta nel 1956, ampliò la sua leggenda. Ma la sua diretta influenza fu trascurabile finché, in seguito, i significati più profondi del suo stile non divennero evidenti. Furono la fluidità tecnica di de Kooning, il suo attaccamento aggressivo alla tradizione e agli stili figurativi eroici, e la sua grazia, racchiusa in un contesto pittorico violento, che colpirono direttamente la sua generazione e quella di transizione, formata da artisti più giovani".
Anche in Italia, dove l'artista fu in visita e a contatto con i pittori impegnati nella battaglia per l'astratto, la sua influenza si dispiegò ampiamente, e soprattutto a Roma la memoria della sua ormai leggendaria presenza è ancora viva.
Ma chi ricordi il de Kooning di quegli anni, e la pittura che è rimasta emblematica del suo esplosivo modo di dipingere, stracciando lacerti di vivente realtà con l'incalzante scherma del gesto e tra l'eccitata anarchia dei segni, chi ricordi quel de Kooning resterà sorpreso, tanto nel leggere (o rileggere) la parola "grazia" nel testo di Sam Hunter, quanto, e ancor più, nel contemplare la serie di dipinti tardi che formano questa raffinata mostra.
"Grazia racchiusa in un contesto pittorico violento", diceva Hunter; e ancor prima, nei dipinti più giovanili, grazia cullata dal trascorrere di un reciso ma placido linearismo, come Elegy del 1939, con quei toni di rosa e azzurro che rifioriranno in chiusura del suo cammino.
Negli anni estremi, negli anni documentati da questa mostra, le forme sono ancora, e perpetuamente, in "transizione", il movimento vitale è delicatamente florido, un nuovo elemento si accende tra gli squisiti percorsi curvilinei di de Kooning: la luce.
L'amatore già avvezzo ai rudi strapazzamenti dell'espressionista astratto potrà forse restare deluso, a tutta prima, di fronte a questo allentarsi dei segni, come fosse un indizio di sopravvenuta debolezza. Dovrà guardare assai meglio, affidarsi al dettato della nuova "mutazione", cogliere l'eco musicale che i tratti come abbandonati comunicano, in una fioritura di poesia tramata anche dal diffuso dialogo dei colori; essi a tratti possono apparire esangui, quando invece sono carichi di una tenue ma inesauribile vitalità, vivono e ariosamente respirano una loro scremata melodia.
La luce, lo spazio mai chiuso, sono tutt'uno in questi rondò inebriati di contemplazione. I bianchi, vasti e palpitanti nel loro dilagare, i gialli che imbevono il fondo sono spazio di luce, luce di spazio, elemento divinamente aereo e liquido, tra cui le corde dei segni si sciolgono in movimenti di danza che da una gran distanza sussurrano il nome di Matisse.
Dopo Matisse, in realtà, la pittura del XX secolo non ha più avuto queste primavere del colore, questi silenziosi impatti del colore sulla tela, questo loro approdo stupefacente e distensivo.
In una grande foto a colori si vede il pittore nell'autunno del 1981 a Long Island, tra il vento già freddo che piega le felci e le foglie, a contatto con il brivido della natura, lontano dalla città.
La cieca violenza della guerra, l'agitazione degli eventi, la febbrile corsa della società ai conturbanti traguardi del consumo avevano generato la rabbia che, in anni lontani, de Kooning aveva scaricato sulle sue tele, con gesti convulsi come per scrollare il mondo, o per scrollarselo di dosso.
Al termine della sua lunga parabola il grande adirato ha voluto riconciliarsi, più che con il mondo, con la natura. La poesia è natura: sì, anche l'ascoltare piante che fremono nel vento, osservare alghe sciogliersi nell'acqua, accarezzare una donna, ed esaltare queste sensazioni nel colore.

Maurizio Calvesi


WILLEM DE KOONING. BATTAGLIE CULTURALI
Halloween 1962. Il gallerista Sidney Janis organizza una mostra che passerà alla storia: trovano ospitalità nella sua galleria le opere di Andy Warhol, Bob Indiana, Roy Lichtenstein, Tom Wesselmann. Nasce ufficialmente la Pop Art. Un evento cruciale nella storia dell'arte contemporanea. Nel lanciare nel firmamento dell'arte i nuovi artisti Pop, quella mostra rimarcava anche il declino dell'Action Painting e del Color Field. Il dato più clamoroso stava infatti proprio nella figura che organizzava l'evento: proprio Sidney Janis era stato il gallerista per antonomasia dell'Astrazione americana negli anni cinquanta, gli anni dell'acerrima contrapposizione tra astrazione e figurativo. Una contrapposizione del resto inventata proprio dagli astrattisti, che avevano affidato a Clement Greenberg non solo il compito di teorizzarla, ma di farne una vera e propria strategia di guerra.
Perché quella tra astrattisti e figurativi è stata una vera e propria guerra culturale. E il risultato, nel 1962, era stato che avevano vinto proprio gli astrattisti, i quali erano riusciti, seppur per esigenze strategiche, a oscurare artisti del calibro di Edward Hopper.
Ma torniamo alla mostra di Janis. Al suo annuncio, Philip Guston, Robert Motherwell, Adolph Gottlieb e Mark Rothko annunciano le loro dimissioni dalla galleria. Non altrettanto de Kooning, che invece si reca alla tanto contrastata inaugurazione dove silenziosamente, passeggiando avanti e indietro, si mette a osservare attentamente i quadri esposti.
È una tensione palpabile. A sintetizzare lo stato d'animo del momento è utile riportare la testimonianza di James Rosenquist, il quale con malizia rammenta che dopo l'inaugurazione della mostra di Janis venne organizzata una festa a casa dei due noti collezionisti Burton e Emily Tremaine, dalle parti di Park Avenue, una zona "esclusiva".
Alle pareti i coniugi Tremaine avevano opere di Picasso e de Kooning. Nel pieno della festa arrivò proprio de Kooning, accompagnato da Larry Rivers.
Burton Tremaine però non apparve entusiasta della visita e liquidò il pittore olandese con un perentorio: "Sono contento di vedervi, ma per favore non adesso". De Kooning e i suoi amici andarono via dopo poco tempo1. Nonostante le forti contrapposizioni formali, Warhol amava de Kooning e Pollock, che per molto tempo avevano incarnato il sogno dell'arte nordamericana di essere leader nel mondo, riuscendo a strappare lo scettro dell'egemonia culturale agli artisti della vecchia Europa. Ruth Kligman, un'amica di de Kooning ma anche di Warhol, racconta in questo modo l'asimmetria nella relazione tra Warhol e de Kooning: mentre Warhol era affascinato da de Kooning e dagli altri astrattisti, al punto di voler entrare a far parte del loro gruppo, "a de Kooning invece non piaceva affatto sentir parlare di Warhol, che era visto come il simbolo dell'abbandono dell'espressionismo astratto a favore della Pop Art"2.
La situazione non migliorerà con il passare degli anni: Tom Hedley, un giovane redattore dell'"Esquire", racconta che nel 1968, a una festa di Larry Rivers negli Hamptons, "Quando Warhol vide de Kooning, si avvicino con deferenza e gli disse, porgendogli la mano, ‘ciao Billy'. De Kooning, completamente ubriaco, si voltò di scatto verso di lui e disse: ‘Tu hai fatto fuori l'arte, la bellezza e perfino il riso.
Non riesco a sopportare il tuo lavoro!'". Andy sorrise, e voltandosi disse a Morrissey: "Oh, beh, io invece ho sempre amato il suo lavoro"3.
In effetti, alla base di un astio così profondo ci sono reali ragioni: l'Action Painting non è una finestra che l'artista apre sul mondo esterno, è un mondo che l'artista spalanca verso la propria interiorità.
La totale mancanza di figure riconoscibili, l'assenza di riferimenti a fatti di cronaca o al racconto lasciava poco spazio all'artista, al quale non rimaneva che ripetere all'infinito la propria firma. Una sorta di vicolo cieco che non poteva non attirare la risposta "formale" della Pop Art.
Se questo è vero, lo è soprattutto per Pollock, ma non per de Kooning, che come Pollock all'inizio della sua carriera si volge alla lezione stilistica di Picasso e si rifà all'automatismo surrealista, ma che ha pur sempre origini europee e si porta il grande Rembrandt nei geni.
De Kooning dipinge la carne e i paesaggi mascherati da grandi astrazioni. Lo fa con una tale maestria da essere considerato sin dagli esordi un grande maestro, un artista quindi che ha da insegnare agli altri.
E così avviene, de Kooning insegna a guardare nell'intimo, contribuisce a sostenere il sogno surrealista della ricerca del sé con la medesima sensualità dei maestri olandesi del passato. Sarà questa caratteristica del suo lavoro a innescare la diatriba tra coloro che sosterranno la maggiore grandezza di Pollock rispetto a lui. In un'epoca in cui tutti pensavano per antinomie e per opposizioni, addirittura si arriva a contrapporre Pollock a de Kooning, leggendo il primo come l'alfiere della modernità assoluta contro l'esponente della modernità che trae le proprie radici dalla tradizione (de Kooning).
Ci vorrà il postmoderno per azzerare la questione.
Alla fine degli anni settanta, con l'esplosione del quadro nelle gallerie d'avanguardia, i giovani artisti rimescolano totalmente le carte in tavola: ora l'opera può contenere di tutto, e un elemento può andare sposo al suo contrario o antagonista, senza per questo accendere querelle tra le diverse scuole interpretative.
È la fine concreta delle ideologie e delle grandi narrazioni. Il postmoderno anticipa la fine delle grandi filosofie onnicomprensive, che avevano ispirato le battaglie culturali dei due secoli precedenti.
Ma soprattutto - rispetto a quanto stiamo dicendo - è la fine delle tesi di Greenberg, secondo cui l'astrazione sarebbe sinonimo di modernità e la figurazione di nostalgia del passato.
Alla fine degli anni settanta, troviamo de Kooning picchiare ancora sulla tela. Il suo gesto è da tempo totalmente iconoclasta, non è più violento e drammatico come lo era stato in passato. I colori sono più tenui, ma soprattutto, le forme sono più lente, modulate con serena pacatezza. Accade che a settanta anni abbondanti (era nato nel 1904) sembra passare da un' irruenza quasi sessuale a un atteggiamento Zen. Il suo viaggio verso l'interiorità sembra adesso voler accedere a una tranquillizzante pacatezza interiore. Se prima a guardare i contrasti dei colori e la violenza delle sue pennellate si percepiva uno scontro interiore, adesso la sensazione è di serenità, di pacata contemplazione.
Warhol, che rispetto ai suoi contemporanei era sempre nel futuro, aveva visto bene sin da subito. Se Warhol collaborerà con artisti come Basquiat e Clemente, realizzando a metà degli anni ottanta anche quadri a più mani, è perché aveva il loro approccio mentale già negli anni sessanta. E così era rispetto a de Kooning. Ne apprezzava il lavoro, ne capiva le ragioni: era lo scontro tra due diversi modi di pensare, quello degli anni cinquanta, figlio diretto del clima di Guerra fredda, e quello degli anni ottanta, gli anni della fine della contrapposizione delle vecchie ideologie.
La fine delle ideologie, la fine delle contrapposizioni che si impone sul finire degli anni settanta Warhol la padroneggiava pienamente già vent'anni prima che si imponesse "vox populi". Così, vedeva de Kooning con gli occhi di un giovane di oggi. Quello che in de Kooning colpisce, del suo ultimo ciclo di quadri è la loro attualità, è il loro essere espressione del tempo presente nonostante siano stati dipinti oltre vent'anni fa. Se non fossero noti come sono e se li trovassimo in una mostra di giovani probabilmente ci entusiasmeremmo assai più di quanto facciamo adesso che li sappiamo nella storia, perché l'arte di de Kooning va al di là delle scuole interpretative.

Gianni Mercurio

1. L'episodio è raccontato da Victor Bockis nel suo libro Andy Warhol, edito da Leonardo nel 1989, p. 131 dell'edizione italiana; ed. or. The Life and Death of Andy Warhol
2. Ivi, pp. 134-135
3. Ivi, p. 270

DE KOONING E ROMA
Il rapporto di Willem de Kooning con Roma fu particolarmente significativo, anche se concentrato in un arco di tempo limitato. Questa piccola sezione fotografica, in cui de Kooning è ritratto in situazioni spesso informali, con gli amici italiani, artisti e non, rievoca il sapore di anni memorabili, carichi di fervore culturale, in cui Roma si trovava al centro di una rinascita e promozione artistica di respiro internazionale. Rispetto a una tendenza che negli anni bui della seconda guerra mondiale aveva visto la migrazione degli artisti dall'Europa agli Stati Uniti, nel secondo dopoguerra la circolazione riprende in entrambi i sensi. Arrivano a Roma quanti erano alla ricerca di un ambiente indipendente dalla rigidità di definizioni culturali come quella, nuova, dell'"espressionismo astratto". Cy Twombly era giunto a Roma nel 1957, e vi stabiliva la propria dimora. De Kooning vi approda nel 1959, all'età di cinquantacinque anni, già circondato da una discreta notorietà. In Italia aveva partecipato alla Biennale di Venezia nel 1950 con l'opera Escavation, assieme a Pollock e Gorky, e nel 1954 con una personale.
A Roma fu presentato per la prima volta nel 1957 alla Rome-New York Art Foundation. Questa fu una delle principali istituzioni romane per il rilancio dell'arte contemporanea, con sede all'Isola Tiberina, nel palazzo Pierleoni Caetani. Fenomeno culturale straordinario e poco conosciuto, antesignano dell'arte internazionale a Roma e dei rapporti culturali tra le due città, la Rome-New York Foundation fu avviata nel 1957 dalla pittrice americana Francis McCann, con il sostegno del musicista italiano Giacinto Scelsi, dietro suggerimento di Peggy Guggenheim, che vi partecipò attivamente. Herbert Read nel testo del catalogo della mostra di apertura - organizzata tra luglio e settembre del 1957 e cui parteciparono, oltre a de Kooning, Francis Bacon, Sam Francis, Franz Kline, Henry Moore, Louise Nevelson, Barnett Newman, Jackson Pollock, Edoardo Paolozzi, Beverly Pepper - scrive che la fondazione si propone proprio di creare legami tra "i due grandi emisferi del mondo
moderno del quale Roma e New York sono i centri tradizionali". Successivamente la fondazione organizzò altre otto mostre, fino al 1961.
Altra importante sede deputata alla diffusione dell'arte internazionale e alla promozione dei giovani italiani fu la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, figura poliedrica - poeta, fotografo, editore, attivista politico, gallerista - che seppe richiamare attorno a sé un vortice di personalità creative. Nata nel 1954 in via del Babuino, la galleria si trasferì poi a fianco del bar Rosati, in quella area della città - piazza del Popolo e il Tridente - che dall'immediato dopoguerra era diventata irrinunciabile luogo di incontro di artisti, intellettuali, cantanti e cineasti.
Vi erano gli studi degli artisti e le altre gallerie di nuova generazione quali L'Attico di piazza di Spagna e La Salita a San Sebastianello. Alla Tartaruga esposero artisti di diverse tendenze, da Renzo Vespignani, Achille Perilli, Piero D'Orazio, Salvatore Scarpitta, Mimmo Rotella, Afro Basaldella, ai più giovani interpreti delle tematiche della Pop Art, dell'Arte povera e della Minimal Art Mario Schifano, Pino Pascali, Piero Manzoni, Tano Festa, Franco
Angeli, Enrico Castellani, Francesco Lo Savio. Il contatto col gallerista italo-americano Leo Castelli e con il collezionista Giorgio Franchetti, che entrò in società con De Martiis, permise alla galleria di essere una sorta di testa di ponte per gli Stati Uniti. Grazie a Franchetti fu organizzata la mostra su Franz Kline e Cy Twombly nel 1958; l'anno successivo è la volta di alcune opere di de Kooning, anche se non è possibile allestire una personale dell'artista perché legato da contratto al gallerista Janis, di New York.
Nello stesso anno De Martiis espone i Combines di Robert Rauschenberg.
L'accoglienza a Roma di de Kooning nell'autunno del 1959 coinvolge un po' tutti e diventa un piccolo evento; Scarpitta, preannunciando l'arrivo del grande artista, raccomanda per lettera a De Martiis "Prendilo per mano"1; il gallerista infatti ha il compito di andarlo a prendere all'aeroporto assieme ad Afro. Quest'ultimo, nei mesi successivi, dividerà il proprio studio di via Margutta con de Kooning e i due diventeranno grandi amici, con occasioni di incontro successive anche a New York. Per l'artista italiano de Kooning era diventato un importante riferimento, assieme agli altri astrattisti americani, già prima di questo contatto personale, quando nel 1950 aveva trascorso un periodo di otto mesi a New York, fondamentale per l'evoluzione del proprio linguaggio. Altro amico del gruppo è l'artista italoamericano Conrad Marca Relli; assieme frequentano caffè e locali, il più famoso è L'84, dietro via Veneto.
De Kooning visita i dintorni di Roma: una foto lo ritrae assieme alla giovane scultrice francese Marisol, vicino a un mostro del parco di Bomarzo.
Pratica attività sportive: con Alberto Burri è al poligono di tiro in una curiosa foto esposta in mostra. Frequenta la Galleria Nazionale d'Arte Moderna diretta, all'epoca, dalla intraprendente Palma Bucarelli che nel 1958 aveva organizzato la prima mostra su Pollock in Europa e che nel 1959 crea un caso nazionale con l'esposizione del Grande Sacco di Burri, evento che provoca addirittura una interrogazione parlamentare.
Il secondo soggiorno romano di de Kooning segue a distanza di circa dieci anni, nel 1969. La città è cambiata, è nel pieno del boom economico ma anche della contestazione giovanile. Il mercato dell'arte è più reattivo. È qui che de Kooning, a sessantacinque anni, inizia un capitolo nuovo nella sua produzione artistica, la scultura. Realizza con la creta i primi modelli di figure che poi verranno fusi in bronzo dall'amico e scultore americano Herzl Emanuel stabilitosi a Roma, dove aveva organizzato in proprio una piccola fonderia. Una nuova evoluzione per il grande artista maturo che non smetterà, mai, di sorprendere.

Antonia Arconti

1. L. Cherubini, Piazza del Popolo, in Millenovecentosessanta, a cura di P. De Martiis, Galleria Netta Vespignani, febbraio 1990, p. 51