Biografie

Jean-Baptiste Camille Corot

Jean-Baptiste Camille Corot nasce a Parigi il 17 luglio 1796. Nel 1807 i genitori lo iscrivono al collegio di Rouen. Terminati gli studi, si avvia alla professione di mercante di tessuti, assecondando il volere della famiglia, ma ben presto emerge la sua vera vocazione: la pittura. Nel 1822 i genitori gli permettono di consacrarsi all'arte e gli concedono una rendita che gli consente di intraprendere la formazione artistica. I suoi maestri sono affermati esponenti del paesaggismo neoclassico: Achille-Etna Michallon e, dopo la sua morte prematura, Jean-Victor Bertin. Sono loro a indirizzare alla pittura en plein air l'artista esordiente, che è tra i primi a lavorare nella regione di Barbizon.

La torre campanaria di Douai, 1871

Jean-Baptiste Camille Corot
La torre campanaria di Douai, 1871
Olio su tela, 46,5 x 38,5 cm
Parigi, Musée du Louvre

Lo studio di Corot, c. 1865-66

Jean-Baptiste Camille Corot
Lo studio di Corot, c. 1865-66
Olio su tela, 56 x 46 cm
Parigi, Musée d'Orsay, in deposito al Musée du Louvre

Nel 1825 Corot si reca per la prima volta in Italia, il “paese incantato” che aveva ispirato l'universo poetico di Nicolas Poussin e Claude Lorrain, dove rimane fino al 1828 e dove fa ritorno nel ‘34 e nel ‘43. L'Italia non è l'unica destinazione dei suoi viaggi di studio e lavoro sul motivo, che lo portano in Svizzera, in Belgio, in Olanda, a Londra, oltre che nelle regioni francesi, dove può contare sull'ospitalità di una fitta rete di amicizie.
Nel 1827 espone per la prima volta al Salon, dove parteciperà con regolarità e del quale sarà nominato, a partire dal 1848, membro della giuria. Ottiene nel frattempo i primi riconoscimenti ufficiali: al Salon del 1840 lo stato acquista Il pastorello e per la prima volta la critica è nettamente favorevole. Ma è l'esposizione Esposizione Universale del 1855 a consacrare la notorietà del pittore, che ottiene un ampio consenso e il prestigioso acquisto da parte di Napoleone III de Il carretto, ricordo di Marcoussis.
La partecipazione al Salon del 1859, dove Corot presenta numerosi capolavori, segna l'apice della sua carriera. Oltre a vantare un folto gruppo di collezionisti e mercanti, ha un'ampia schiera di allievi, tra cui Camille Pissarro, e la nuova generazione lo considera uno dei massimi paesaggisti della sua epoca.
In occasione dell'Esposizione Universale del 1867, Corot ottiene ulteriori riconoscimenti: elogiato dalla critica, viene nominato ufficiale della Legion d'onore.
Continua a viaggiare, per lo più in compagnia degli amici di una vita, come Charles-François Daubigny, dipingendo dal vero ancora a pochi mesi dalla morte, avvenuta a Parigi il 22 febbraio 1875.
Nella sterminata opera di Corot, oltre a bozzetti e dipinti a olio di paesaggio e figura, sono da ricordare la vasta produzione grafica, che comprende disegni e incisioni, la sperimentazione della tecnica del cliché verre e la ragguardevole attività di decorazione murale.


«A capo della moderna scuola di paesaggio sta Corot»: con queste parole Charles Baudelaire rende omaggio ad uno dei maggiori artefici del rinnovamento della pittura nell'Ottocento. Ammirato dai più lucidi e autorevoli intellettuali del suo tempo, punto di riferimento per generazioni di artisti, a Corot si deve una delle interpretazioni più squisitamente liriche della realtà naturale e della figura umana. I suoi paesaggi evocano mirabilmente l'incanto della natura, che egli amò e studiò appassionatamente fino ad impadronirsi dei suoi più intimi segreti. Gli stagni e i boschi velati da nebbie argentate, i rilievi rocciosi e gli alberi secolari scolpiti dalla luce, le vestigia monumentali dell'architettura romana e gotica sono colti magistralmente, nella loro flagrante immediatezza, nei bozzetti dipinti en plein air. E con la stessa maestria, Corot li trasfigurò poeticamente nelle composizioni eseguite nel suo studio, guidato dalle emozioni e dal ricordo: «interpreto con il cuore tanto quanto con l'occhio» affermava il pittore compendiando il suo pensiero artistico.

La revisione critica che ha interessato la sua opera negli ultimi decenni, ha riportato l'attenzione sulla straordinaria qualità dei suoi quadri d'atelier, accanto ai celebri bozzetti trascritti “sul motivo”.

Educato alla scuola neoclassica di paesaggio, Corot studiò gli antichi maestri e ritrasse la natura; completò il percorso formativo con il consueto soggiorno in Italia: qui trascorse anni decisivi per la sua maturazione artistica - dal 1825 al ‘28 e poi ancora nel ‘34 e nel ‘43 - restando sempre sensibile al fascino della penisola, che celebrò per tutta la vita nelle sue opere. I “bozzetti italiani” rivelano la modernità con cui Corot seppe guardare alla natura, rinnovando l'approccio alla pittura dal vero, con la freschezza della sua tavolozza, la resa dei fugaci effetti luminosi, l'economia dei mezzi espressivi: i soggetti monumentali consacrati dal vedutismo - Veduta del Foro dai Giardini Farnese, Castel Sant'Angelo e il ponte con la cupola di San Pietro, Veduta del Colosseo dai Giardini Farnese -, e i punti di vista meno convenzionali, come Napoli, Castel dell'Ovo. I magnifici paesaggi dipinti nella campagna romana, da Olevano, la Serpentara al Paesaggio nei pressi di Marino, mostrano il pittore cimentarsi con una natura ricca di contrasti.
Lo studio dei grandi maestri del paesaggio, da Nicolas Poussin a Jacob van Ruysdael, e l'interesse per la moderna pittura inglese, condussero Corot ad esiti di squisito realismo nei paesaggi dipinti en plein air nei territori di Francia, nei luoghi prediletti dall'artista: la foresta di Fontainebleau, dove dipingeva accanto ai paesaggisti della scuola di Barbizon e dove poi guiderà i primi passi dei giovani impressionisti, e poi Orléans, il Morvan, La Rochelle.
Il trattamento realistico della luce, la solida costruzione plastica e la semplicità della composizione rispecchiano l'intenzione di trascrivere la realtà come si presenta allo sguardo dell'osservatore, priva di abbellimenti e riferimenti letterari. L'esito più maturo del naturalismo corottiano è Il campanile di Douai: questa tela, ammiratissima, precorre, nell'impianto compositivo, nella cromia chiara e nella pennellata fluida, opere realizzate, di lì a poco, da Monet, Sisley e altri impressionisti.

Gli studi dal vero costituivano un repertorio di memoria visiva di cui Corot poteva disporre quando si accingeva a concepire nel suo studio le composizioni per i Salon, le prestigiose esposizioni ufficiali.

Nei paesaggi, che consacrarono la fama dell'artista, la scelta di temi tradizionalmente prescritti per la pittura di “paesaggio storico” - dal Pastorello al Bagno di Diana - cede il passo, a partire dagli anni Cinquanta, ad un'iconografia congeniale al mondo poetico di Corot, il “paesaggio lirico”. L'incanto esercitato dalla natura, sedimentato nella memoria e rielaborato nella fantasia, ispira allora le sublimi evocazioni della Danza delle ninfe e La stella del pastore, ove si alternano stati d'animo gioiosi e malinconici.

I paesaggi dipinti nei dintorni della casa di famiglia di Ville d'Avray rivelano, nella limpida armonia degli impasti cromatici freddi, una rara sintesi di realismo e lirismo. Al felice naturalismo del giovanile Ingresso del bosco, fanno seguito i capolavori della maturità - Lo stagno e le ville, Lo stagno con l'albero piegato, La radura, ricordo di Ville d'Avray - ove regna un perfetto equilibrio tra una natura solitaria e incontaminata e la presenza “sentimentale” della figura umana.
L'interesse per la figura, che abita costantemente i paesaggi di Corot, è all'origine di una produzione pittorica autonoma, parallela al paesaggio: ritratti, nudi e personaggi in costume, mettono in luce quelle eccezionali doti di pittore di figura che destarono l'ammirazione di Picasso. Ai bellissimi ritratti intensamente espressivi, come quello della madre dell'artista, seguono straordinari nudi, fra i quali spicca la Baccante con tamburello, miracoloso connubio di sensuale fusione con la natura e di equilibrio classico, fino a una delle più originali e toccanti invenzioni corottiane, le cosiddette “figure di fantasia”: modelli femminili abbigliati in costume, colti in atteggiamenti assorti e contemplativi.

Quintessenza della poetica dell'artista, il quadro di “ricordo” dà forma alle emozioni lasciate nella memoria dalle molte sessioni di lavoro all'aria aperta: pur richiamando nel titolo il nome di una località, non descrive la realtà topografica di un luogo specifico, ne esprime piuttosto l'atmosfera emotiva. Allo squisito realismo de Il carretto, ricordo di Marcoussis, dall'intensa luce meridiana, seguono evocazioni sempre più vibranti e rarefatte, avvolte nelle celebri nebbie argentee, mirabilmente esemplificate da alcuni tra i massimi capolavori dell'artista: Ricordo di Mortefontaine e La solitudine, ricordo di Le Vigen.
Il mondo poetico inventato da Corot sollecita l'immaginazione e le emozioni dell'osservatore in modo analogo alla musica: questo tratto di grande modernità indusse Kandinsky a definire i suoi dipinti «stati d'animo travestiti da forme naturali».