Giacomo Balla
Pittore, scultore e scenografo, Giacomo Balla è nato a Torino il 18 luglio
1871.
Figlio di un appassionato fotografo dilettante, Giacomo Balla fin da piccolo è
attratto dall'arte, ama disegnare e studia violino.
Al termine degli studi lavora in uno studio di litografia, mentre segue un
corso serale di disegno e frequenta per alcuni mesi l'Accademia Albertina.
Fondamentalmente autodidatta, nella ricerca del suo stile artistico, si lascia
influenzare dagli Artisti Divisionisti che frequenta, ed i suoi primi lavori
accumunano il divisionista allo spirito positivista.
I temi che Balla affronta sono umanitari, ma nel contempo sono occasioni di
sperimentazione sugli gli effetti della luce sia naturale che artificiale.
Il soggetto del lavoro ritorna di frequente nella sua arte, acquistando
talvolta sottintesi reverenziali, come nel trittico "La giornata
dell'operaio".
Trasferitosi a Roma nel 1895, al seguito del pedagogista Alessandro Marcucci,
fratello della futura moglie Elisa, frequenta il gruppo di intellettuali dediti
alla costituzione delle scuole per i contadini dell'agro romano.
Nel settembre 1900 Balla si reca a Parigi per visitare l'Exposition universelle
e vi rimase sette mesi lavorando per l'illustratore Sergio Macchiati.
Tra il 1902 e il 1905 Giacomo Balla realizza le quattro tele (inizialmente
dovevano essere quindici) del ciclo dei “viventi”: “Il mendicante” (1902, “Il
contadino (l'ortolano)” (1903), “I malati” (1903) e “La pazza” (1905), dove il
divisionismo si abbina ad una forte carica umanitaria che mostra la profonda
attenzione che Giacomo Balla dedica agli emarginati e agli oppressi.
In questi anni Umberto Boccioni, Gino Severini, Mario Sironi ed altri giovani
pittori frequentano assiduamente il suo studio e si possono considerare suoi
allievi.
Intanto Giacomo Balla incomincia ad interessarsi al movimento, inizia serie
ricerche sul dinamismo e, nel 1910, è tra i firmatari del Manifesto dei pittori
futuristi e del Manifesto tecnico della pittura futurista.
I nuovi interessi stilistici di Ballano si concretizzano nei dipinti “Bambina
che corre sul balcone” (1912), “Dinamismo di un cane al guinzaglio” (1912) e
“Le mani del violinista” (1912).
L'analisi del movimento lo spinge a focalizzare l'attenzione sul moto delle
automobili cercando di conferire la sensazione della velocità del veicolo in
corsa, attraverso triangoli di luci ed ombre, linee curve e linee diagonali che
creano una particolare prospettiva.
Questa nuova tecnica, che porta un certo interesse fra i critici, da vita a
“Profondità dinamiche” (1912), “Velocità astratta” (1913) e “Velocità
d'automobile” (1913).
Tra il 1912 e il 1914 Balla è a Dusseldorf per la decorazione di casa Lowenstein.
In questo periodo il pittore produce “Compenetrazioni iridescenti” nel quale
riduce gli effetti della luce e della velocità all'ermetica purezza delle forme
geometriche ed opere che costituiscono i primi esempi di arte astratta
italiana.
Tornato in Italia, nel 1915 insieme a Fortunato Depero redige il manifesto
“Ricostruzione futurista dell'universo” che estende la poetica futurista a
svariati campi della vita, insieme produssero una serie di costruzioni,
assolutamente non figurative, o "complessi plastici", di cartone,
lamiera, seta e altri materiali di uso corrente.
“…Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per
ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente...";
i due pittori propongono di reinventare l'ambiente umano soprattutto inserendo
l'arte nel mondo della moda, dell'arredo e del teatro.
A livello teatrale è veramente innovativa la scenografia che Giacomo Balla
realizza nel 1917 per il balletto “Feu d'artifice” con musica di Igor Stravinskij,
in cui la presenza umana viene sostituita dall'alternarsi ritmico delle luci.
Nella “Exposition Internationale d'Arts Décoratifs” di Parigi (1925), a cui
partecipa insieme a Fortunato Depero ed Enrico Prampolini, i suoi arazzi
vengono premiati.
Per un breve periodo Giacomo Balla, aderisce al secondo futurismo di Filippo
Tommaso Marinetti ed è tra i firmatari del manifesto “L'aeropittura. Manifesto
futurista” del 1931 e prende parte alla I° mostra di Aeropittura Futurista.
L'esposizione è l'ultima partecipazione a mostre futuriste perché oramai
l'artista di Torino sta volgendo la propria attenzione alla Pittura Figurativa.
Durante i primi anni Trenta Giacomo Balla, abbandona progressivamente il
futurismo per tornare ad un certo Realismo naturalistico, convinto che l'arte
pura debba esprimere un realismo assoluto, senza il quale si cadrebbe in forme
ornamentali e decorative.
Nonostante un breve periodo negli anni Cinquanta, in cui le sue opere futuriste
furono apprezzate dalla generazione più giovane di pittori astratti, il gruppo
"Origine" che allestì una mostra dei suoi dipinti nel 1951, Giacomo
Balla rimase un pittore figurativo fino alla morte avvenuta a Roma l'1 marzo
1958.