Architettura

Paolo Zermani, Architetture Sacre, Architetture Civili

Reggio Emilia - Palazzo Casotti, Piazza Casotti 1
Dal 7 ottobre al 12 novembre 2006

Si inaugura il 7 ottobre 2006 presso Palazzo Casotti a Reggio Emilia, promossa dal Comune di Reggio Emilia, Assessorato alla Cultura-Musei Civici e Assessorato Città Storica, con il patrocinio dell’Ordine degli Architetti di Reggio Emilia, la mostra di Paolo Zermani, Architetture Sacre, Architetture Civili.
La mostra comprende numerosi disegni originali e modelli riferiti a progetti elaborati dal 1989 al 2006 e costituisce un riconoscimento al lavoro dell'architetto che, forse più di ogni altro nell’ultimo ventennio, ha fatto del rapporto fra architettura e sacralità, declinato in una intensa relazione con il paesaggio italiano in trasformazione, l’oggetto della propria ricerca.

San Giovanni a Ponte d'Oddi

Paolo Zermani
San Giovanni a Ponte d'Oddi

Come sottolinea Andrea Volpe nel saggio introduttivo al catalogo:

"Paolo Zermani costruisce il suo straniante sistema di punti fissi con la decisa volontà di opporre misure precise alle caotiche contraddizioni del panorama contemporaneo. Per mezzo di opere e progetti che consistano nella loro idealistica volontà di opporsi alla disgregazione del paesaggio e che, ovviamente, mostrino, là ove il rito dell’architettura si sovrappone alla liturgia della Parola ed alla celebrazione del Culto dei morti, il carattere più assoluto e silente. La più pura icasticità.
Su questa frontiera, tracciata da Zermani con antica capacità di disegnatore di mappe e posta a difesa del senso del progetto d’architettura nell’epoca contemporanea, si aprono dunque le porte delle varie Stanze poste fra terra ed cielo: chiese, cappelle, famedi, recinti sacri. Soglie dove far sostare il tempo senza tempo .
Spazi capaci di contenere l’esile intervallo che si frappone fra rivelazione e mistero, fra ordine terreno e ordine superiore, fra le nebbie che avvolgono il S. Andrea di Mantova e le piogge che benedicono il Pantheon.
Luoghi fatti di distanze estreme e di tiepide prossimità dove sempre sia possibile prolungare indefinitamente l’esperienza del distacco e della riconciliazione."


L'esordio di Zermani al tema del sacro coincide, nel 1989, con il progetto della Cappella sul mare a Malta, un cubo internamente scavato tra la costa e il Mediterraneo transitando entro il quale dalla terra si accede al mare fino a immergersi nell'acqua, come in un rito battesimale, sotto il braccio di una croce.
Un autentico rito celebrato nel paesaggio, ove l'architetto anticipa le tentazioni della decostruzione che sarebbe venuta ricomponendole attraverso l'ordine di una cornice a tre dimensioni.

Del 1993 è il Mausoleo dei Primi Cristiani al Bastione del Sangallo a Roma, scavato in forma di croce nel suolo e nelle misure della città eterna, vicino alle catacombe.
Del 1994 è la Cappella all'Ex-Muro di Berlino, esposta alla Biennale di Venezia dedicata alla "Architettura e Spazio Sacro", una macchina di pietra bifronte rivolta contemporaneamente a Est e a Ovest che unisce le due Germanie in una definitiva riconciliazione.
Del 2000 è il Cimitero di Sansepolcro, steso a raccordare la terra e il cielo nel paesaggio di Piero della Francesca, un omaggio palese costruito a pochi metri dalla antica città murata, esplicitamente riferibile, nella sua magica immobilità, alla immagini della "Resurrezione", del "Polittico della Misericordia", della "Legenda della vera croce".
Ancora prossimo a Piero e alla sua arte è il progetto per la Cappella-Museo della Madonna del Parto a Monterchi, tra Toscana e Umbria, un sacello sospeso fra paese e paesaggio per custodire la "Madonna nata in mezzo ai campi" del grande maestro rinascimentale, che conta ogni anno sessantamila visitatori.

Ora Zermani sta lavorando al Museo storico di S. Galgano, appendice documentaria della straordinaria abbazia del senese, al Cimitero di Sesto Fiorentino, che si confronta con l'eredità etrusca, alla Chiesa dei Francescani di Perugia, quasi ultimata.
Ma la mostra ospiterà altresì due grandi progetti civili per Firenze: la Biblioteca tecnologica dell’Università e la sede della Cassa di Risparmio di Firenze, a testimonianza della continuità, nel lavoro dell’ architetto parmigiano tra sacro e civile, in nome di una più ampia e totalizzante idea di "sacralità" del progetto.
Un percorso tra identità dell'architettura italiana e riflessione morale come programma di ricomposizione, secondo una "sacra unità" del paesaggio e dello spirito.

"Quali chiese rappresentano il nostro tempo? Le chiese devono tornare a essere bianche".
Così provocatoriamente Paolo Zermani, evocando il bianco mantello di chiese che attorno all’anno Mille aveva coperto l’Occidente cristiano, risponde sorridendo se gli si fa notare il dramma rappresentato dalla cattiva qualità delle chiese d’oggi.
Provocatoriamente appunto, ma non troppo perché "il problema delle chiese contemporanee che generalmente sono brutte deriva dallo smarrimento che ha investito la nostra società dalla seconda metà del Novecento ad oggi, uno smarrimento morale".
"Anche nei secoli attorno all’Anno Mille" continua l’architetto" esistevano morte e devastazione, ma pure la forte saldezza di un disegno che andava dalla professione di fede alla costruzione dell’architettura: si pensi a Bernardo di Chiaravalle. Ciò oggi è perduto".
"Il Concilio Vaticano II" sostiene Zermani" aveva compreso quarant’anni fa che la coscienza del sacro avrebbe lentamente oltrepassato il perimetro murario delle chiese, per rivelarsi anche in altre forme e luoghi :una rivelazione straordinaria, che avrebbe dovuto indurre il nostre tempo a cercare di rappresentare, nelle nuove chiese, questa condizione nuova e potenzialmente prolifica.".
Invece abbiamo avuto quasi soltanto chiese assimilabili a garages, a parcheggi o, ultimamente, a discoteche e palasport, in cui nessuno si riconosce esempi di malintesa modernità."
"Non abbiamo compreso chi siamo e dobbiamo cercare conforto nelle chiese antiche, dove ci salva l’abitudine al rito" continua Zermani "perché il problema non è solo costituito dall’edificio sacro ,ma dal camuffamento del sacro in profano che la nostra società conduce, investendo ogni forma del paesaggio che ci avvolge"

Articolo inserito il 18 settembre 2006