Architettura

I capolavori dell'architettura
Emilio Ambasz: la Casa del Ritiro Spirituale (Siviglia)

La Casa del Ritiro Spirituale, inserita in un idilliaco paesaggio naturale nei dintorni di Siviglia, si è trasformata in simbolo dell'architettura minimalista e sensibile al contesto ambientale grazie a una mostra dedicatale dal Museo d'Arte Moderna (MoMA) di New York. Progettata nel 1975 dall'Argentino Emilio Ambasz, la casa è stata costruita nel 2004 e presenta come tratto saliente due muri bianchi che, formando un angolo di 90 gradi ed elevandosi sulla distesa di erba circostante, evocano una barca a vela in navigazione su un mare dall'intenso colore verde.

Emilio Ambasz Associates©

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Questa Casa è stata progettata nel 1975, per alcuni critici esprime un'idea minimalista, per altri una favola decostruzionista. E' invece espressione dell'essenzialismo architettonico. Con questo progetto Ambasz ha cercato di tornare alle origini dell'architettura.  In uno dei suoi scritti Ambasz ha affermato:  la sola cosa da fissare era la facciata, che sarebbe stata come una maschera-surrogato per l'architettura. Si potrebbe dire che con questo progetto ha cercato in maniera retorica di riesaminare l'architettura come un processo culturalmente condizionato e di tornare alla primordiale nozione di decorazione. Questa opera, emblema della sua ricerca, esprime la poetica di Ambasz: un vocabolario architettonico lontano dalla tradizione canonica.  In particolare afferma l'architetto argentino: è un'architettura che è e non è. Spero di condurre l'utente in un nuovo stato dell'esistenza, una celebrazione dell'umana maestà, del pensiero, della percezione. Sebbene sembri apparentemente innovativo, questo progetto presenta strutture primitive e antiche. Il risultato è un edificio che racchiude l'essenza dell'architettura.  Presentato nel 1975, attraverso disegni e modelli fotografici a causa di un budget limitato, questo progetto ha avuto numerosi riconoscimenti e premi tra i quali il Progressive Architecture First Award e l'AIA Award.  Questa opera ha  preannunciato il lavoro pionieristico di Ambasz volto alla ricerca della riconciliazione tra architettura e natura.  Le “costruzioni verdi” di Ambasz, integrando giardino ed edificio in un'unica struttura inseparabile, sono state i precursori di un intero movimento verso un'architettura innovativa ed energeticamente efficiente. L'aspetto metodologico dell'operare di Ambasz riflette la sua radicata convinzione che “l'architettura è un atto di immaginazione. Credo che il reale compito dell'architettura inizi una volta che i bisogni funzionali e comportamentali siano stati soddisfatti. Non è fame, ma amore e paura, e qualche volta meraviglia, che ci fanno creare. Il contesto sociale e culturale dell'architetto cambia costantemente ma il suo ruolo resta sempre lo stesso: dare forma poetica a esigenze pragmatiche”.


Designed in 1975, this house, that has been thought to be for some, a minimalist idea, and for others a deconstructionist fable, is, instead, an unclassifiable statement about architectural essentials With this project Ambasz sought to go back to the origins of architecture. In one of his writings Ambasz stated "The only thing to stand was the façade, which would be like a mask–a surrogate for architecture. You might say that by this device I rhetorically sought to re-examine architecture as a culturally-conditioned process and return to the primeval notion of the abode.” Emblematic of his oeuvre, this house resumes Ambasz' search for "an architectural vocabulary outside the canonical tradition of architecture.” Expanding on his intents he stated "It is an architecture that is both here and not here. With it I hope to place the user in a new state of existence, a celebration of human majesty, thought, and sensation. Though apparently quite new, there are devices–both primitive and ancient–permeating this design.” The result is a building that seems to stand for the essence of architecture. Presented in 1975, using drawings and model photography on account of contractual restrictions, this project has won innumerable architectural awards, among these Progressive Architecture First Award and an AIA award (see attached list). It foretold of Ambasz' pioneering work seeking to reconcile architecture with nature. Faithful to his conviction that "a building should return to the community in the form of garden, accessible to the community, all the land the building has covered,” Ambasz' “green buildings,” integrating garden and building into one inseparable entity, have been the precursors of a whole movement towards an energy efficient architecture. But what engages the mind in Ambasz' work is the fact that it reflects his deep seated conviction that "architecture is an act of the imagination. I believe that the real task of architecture begins once functional and behavioral needs have been satisfied. It is not hunger, but love and fear, and sometimes wonder, which make us create. The architect's cultural and social context changes constantly but his task, I believe, remains always the same: to give poetic form to pragmatic needs.”