Architettura

L’Architettura Radicale trent’anni dopo
di Anna Maria Laville

L’Architettura Radicale torna ad essere di grande interesse. Oltre alla mostra di Siena se ne inaugura in questi giorni una assai importante presso l’Intitut d’Art Contemporain di Villeurbanne che si sposterà nel corso del 2001 in Germania e in Spagna.

A questo rinnovato interesse risponde la ristampa anastatica del libro di Riccardo Dalisi Architettura d’animazione (1975), uno dei documenti più significativi del fenomeno dell’architettura radicale nella versione utopica dell'"immaginazione di gruppo" e dell'"architettura partecipata".

Vale la pena di rievocare la genesi di questo libro.




Il Sessantotto qualcuno lo visse come liberazione espressiva ed esplosiva di energie culturali, qualche altro come momento in cui avviare la costruzione di nuove forme di vincolo sociale. Quanto le due cose siano interdipendenti, non sempre era possibile vederlo.

Lo slogan di allora: "Studenti - operai - uniti - nella lotta" sembra, a ripeterlo oggi, la formula favolistica, il "c’era una volta" dei nostri vent’anni; eppure, se studenti, operai e lotta sono concetti da sistemare nella storia o astrazioni da usare criticamente, il quarto termine, l’aggettivo "uniti", mi sembra salvo dall’incasellamento e dalla polemica, perché rinvia ad un sentimento da cui si parte sempre quando si vuole costruire qualcosa.

Nei dintorni del Sessantotto Sandro Oliveri del Castillo, geologo, per vivere nel sociale la sua fede religiosa andò a fondare una sezione scout nel cuore di uno dei quartieri più desolati di Napoli, il Rione Traiano.

Il quartiere era stato costruito secondo i criteri edilizi migliori che si potessero avere negli anni Cinquanta e Sessanta (di gran lunga migliori di quelli seguìti a Secondigliano), tuttavia totalmente privo di infrastrutture: tra i vari edifici e lotti, si aprivano grandi aree desertiche, terra di nessuno.

Sandro Oliveri trovò una collaborazione altrettanto radicale in Silvana Serra, che non si limitò a seguire le attività scout dal punto di vista educativo e organizzativo, ma compì la scelta coerente di andare a vivere - lasciando la sua casa di signora "bene" - in quella landa senza negozi, senza scuole, uffici, bar, senza alberi.


Concorso Dupont

Riccardo Dalisi, amico anche lui di Sandro, aveva una provenienza diversa: giovane docente alla facoltà di Architettura, nel cuore quindi della contestazione studentesca, era coinvolto dalle idee e dalle iniziative rivoluzionarie dei suoi studenti (spesso impegnati in occupazioni di case popolari da parte di senzatetto e sottoproletari), forse più per sostanziale anarchismo di ricercatore che per ragionamenti e convinzioni politiche. Del resto, al di là degli slogan d’epoca, le sue ricerche lo portavano verso una concezione del lavoro intellettuale basato sulla relazione, sullo scambio formativo.

Riccardo fu coinvolto, all’inizio, nel progetto della costruzione di un asilo per i bambini, e portò al Rione Traiano i suoi studenti non solo per progettare sul posto, ma per progettare insieme agli utenti, cioè insieme ai bambini. Questo per circa cinque anni, dal ’70 al ’75, modificò la qualità della vita di un pezzo del quartiere e di tutti gli operatori culturali - allora non avevano questo nome, ed anche il termine "volontariato" non era usuale come oggi - che poi continuarono lì o altrove, l’esperienza della partecipazione.

L’esperienza di Riccardo Dalisi al Traiano attirò l’interesse di antropologi, sociologi, insegnanti; fu argomento di lezione di corsi abilitanti per docenti e di tesi di laurea in psicologia infantile.

Il libro Architettura d’animazione si sviluppa intorno al diario di Riccardo e contiene gli interventi di Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, Andrea Branzi e Enrico Crispolti. Può essere letto su diversi piani.

In quanto documento rimane un libro di antropologia per conoscere il presente confrontando la povertà e la ricchezza di allora con la povertà e la ricchezza di oggi, con tutte le combinazioni possibili e i travasi continui tra materiale e spirituale, cultura ed economia, privato e politico.


Manufatto in cartapesta

È un libro di architettura, in cui l’esperienza dello spazio è mostrata in tutto il suo valore fondante di ogni esperienza umana: "venire al mondo" non è prima di tutto l’esperienza di uno spazio alieno? E le forme di vita sociale non cominciano a partire da un gesto architettonico?

E’ un libro sull’infanzia, sull’enorme potere della creatività infantile quando si libera in un reale dialogo educativo.

Racconta dell’eterno confronto del rapporto educativo-autoeducativo. Nelle condizioni date allora da quell’ambiente, spazio, condizioni materiali, visioni della vita, il confronto non poteva dare niente di scontato, era spesso duro e spiazzante... Come mai durò per tanto tempo e produsse tanta cultura?

Questa ed altre domande (ad esempio, come fu possibile essere tanto liberi dalle ideologie, dal paternalismo e dal "buonismo", e dare delle discipline mentre si teorizzava la ribellione) vanno lasciate aperte per continuare a riflettere sul presente e a spingersi nell’azione verso il futuro. Le condizioni di oggi sono migliori e al tempo stesso più problematiche: gli spiazzi desolati sono diventati strade, ma in strada, oggi, non è più possibile giocarci...