Architettura

Zero Gravity. Franco Albini Costruire le modernitŕ

Alla Triennale la mostra su Albini: un allestimento deludente
Zero Gravity. Franco Albini. Costruire la modernità

Recensione di Roberto Zanon

Parlando delle sculture di Calder, Picasso ebbe a dire che il minimo che si possa pretendere da una scultura è che stia ferma. Una affermazione che potrebbe essere traslata all’allestimento che celebra il centenario della nascita di Franco Albini (1905 - 1977), uno dei Maestri della museografia e dell’architettura italiana del dopoguerra.


Non è infatti concepibile che l’occasione di questa, che si annunciava come mostra caposaldo, per evocare la "leggerezza" dell’architetto milanese, proponga un ingenuo e candido "tutto appeso" con la conseguenza che qualsiasi supporto diventa mobile e fastidiosamente dondolante.



Ogni materiale esposto infatti, dai prototipi di arredo ai modelli, dai disegni autografi alle immagini fotografiche è stato sospeso per mezzo di una serie di cavetti metallici agganciati al soffitto, senza però prevedere alcun tipo di controventatura. È troppo semplicistica la citazione di Renzo Piano (curatore assieme a Franco Origoni dell’allestimento) quando scrive: "le scale di Albini non toccano il pavimento, per questo i suoi cavi disegnano lo spazio, per questo tutto nella sua opera è in equilibrio più o meno stabile". Con Albini il senso della leggerezza passava attraverso una capacità di amministrare il progetto in cui anche l’oscillazione della scala della Galleria di Palazzo Rosso a Genova entra in relazione fisica con chi la percorre ed è questo un effetto che, se non totalmente voluto, è stato certamente calcolato.



Come ha scritto Silvana Annichiarico nel catalogo "gli oggetti di design di Franco Albini sono "macchine minime" che coniugano la leggerezza di una forma sempre concepita con il risultato di una rigorosa indagine sulle possibilità tecnologiche del progetto e del materiale". Qui nella mostra milanese siamo di fronte invece non certo ad un effetto gestito e studiato, ma ad una semplificazione, ad una non attenzione, ad una ipotesi progettuale portata avanti con la mano sinistra, che crea una indiscutibile interferenza negativa con la visione delle opere esposte.




Anche la pausa a metà percorso, con i tavoli dotati di monitor che raccolgono e mostrano interviste e filmati, è un intervallo "senza qualità" nei termini spaziali dell’allestimento approntato. È evidente che la sapienza progettuale e strutturale di Renzo Piano non ha certo trovato applicazione felice in questa occasione.


Anche sul fronte del contenuto la mostra lascia un forte scontento. Solo pochi e diraradatissimi i disegni, i plastici e i prototipi che sono esposti, se si pensa che è questa sarebbe dovuto essere la "mostra suggello" dell’attività di Albini. La struttura espositiva è principalmente affidata ad una sequenza di gigantografie in bianco e nero che propongono l’esplosione delle foto del catalogo; una distribuzione che pare cercare unicamente uno scenografico affastellamento prospettico nello spazio ad emiciclo offerto dalla Triennale nella quale è stato modulato il percorso.







Poco importa quindi che siano state pensate e coordinate ben otto sezioni, con altrettanti diversi curatori, se poi il materiale e il modo in cui questo è esposto non aiuta alle pur interessanti deduzioni e comparazioni messe in opera. Il catalogo, con questo livello di presentazione, non solo surroga, ma si pone addirittura come efficace e completo sostituto di tutto l’apparato espositivo. Infatti mentre la consultazione del supporto cartaceo prevede il tempo dell’apprendimento, altri sono i meccanismi percettivi che vengono attivati con il dinamismo di una visita ad una esposizione; un procedimento che nella mostra di Milano sembra essere stato pigramente dimenticato.






È un brutto cocktail quando sia allestimento che contenuto sono deludenti, specie quando gli ingredienti (dal soggetto, alla sede, al progettista dell’allestimento) lasciavano spazio ad una aspettativa che sollecitava tutt’altro scenario.

Fotografie © Roberto Zanon

Informazioni

Zero Gravity. Franco Albini Costruire le modernità


Luogo: Milano - Triennale

Periodo: dal 28 settembre al 26 dicembre 2006

Inaugurazione: 27 settembre 2006, ore 18.30

Orari: 10.30 - 20.30, chiuso il lunedì

Ingresso: € 8,00/6,00/5,00

info: tel. 02 724341

Articolo inserito l'11 ottobre 2006