Architettura

Intervista di Marcello Carriero a Pamela Ferri

Intervista di Marcello Carriero a Pamela Ferri, la giovane progettista che ha curato la mostra spazio frontale di Gianni Asdrubali. La Ferri ha proposto un singolare connubio con la pittura di Asdrubali in un video proiettato nella mostra che si tiene alla galleria Artra di Genova prolungata, per il successo ottenuto, fino al 7 maggio 2005.

M.C.: Tu hai impostato la ricerca sull’esperienza cognitiva dello spazio incentrandola sul percorso dell’osservatore verso una tensione; che cosa intendi per "tensione"?
P.F.: Tutto il mio studio si è sempre incentrato sull’usare come strumento d’indagine spaziale il "tempo", ovvero la famosa "quarta coordinata".
Se lo strumento è il tempo, il supporto di conseguenza è lo spazio.
Il tempo imprendibile diventa concreto con la "coscienza dell’idea"che si materializza in una superficie spaziale nella visione quadridimensionale di un immagine, visione quadridimensionale che non è la quarta dimensione.
Per tensione intendo il compattamento di questa quadridimensionalità in un unica superficie.
E’ il movimento di un corpo nello spazio atemporale che oltre a ricurvarsi su se stesso si compatta diventando istantaneamente "uno".
Quindi il corpo, che in questo caso è lo spettatore ma che potrebbe anche essere una meteora, non va verso una tensione ma è la tensione. E’ la materia dominante per creare una spazialità frontale quadridimensionale.


M.C.: Nei tuoi precedenti lavori di progettazione c’è stata sempre una particolare attenzione per la componente ideale. Tu concepisci l’architettura come un conflitto costante tra idea e realizzazione materiale?
P.F.: Potrei dire che a questa domanda ho già risposto quando parlavo della coscienza dell’idea.
Posso aggiungere soltanto che la coscienza dell’idea è uguale alla necessità della sua materializzazione reale e questo è sempre in conflitto con qualcosa.
E’ il conflitto dell’inizio, per il semplice motivo che si deve annullare uno spazio per ottenerne un altro, ossia l’immagine della coscienza dell’idea.

M.C.: In "spazio frontale" la convergenza con il lavoro di un artista storico come Gianni Asdrubali ha comportato una modifica o un adattamento del tuo modo di intendere l’architettura?
P.F.: Assolutamente no, altrimenti non avrei parlato fin ora di una mia coscienza dell’idea.
Se posso puntualizzare, a un artista come Gianni Asdrubali, io preferisco mettere al posto di "storico" la parola "sperimentale".
Se fosse soltanto "storico" mi sarei limitata nel fare su di lui una ricerca che parlasse del suo lavoro.
La ricerca invece si basa sull’idea che abbiamo in comune della spazialità frontale la quale ci permette di lavorare insieme su alcune fasi di sviluppo mentale di questo discorso.

M.C.: Per concludere, il tuo lavoro può essere definito come una "riflessione" sul vuoto o si deve considerare un "riflesso" del vuoto, un organizzazione del vuoto?
P.F.: Il mio lavoro non ha ancora la maturità di avere una definizione , come in questo caso nel lavoro di Gianni Asdrubali, ma so che la mia ossessione è di materializzare uno spazio quadridimensionale in un'unica superficie usando come strumento il tempo e come conflitto massimo dell’inizio lo spazio astratto del quotidiano.


Intervista del 19 febbraio 2005, in occasione dell’inaugurazione della mostra Spazio Frontale.

Galleria Artra
Genova - Palazzo Ducale
Piazza Matteotti, 28 - Genova
Dal martedì al sabato dalle 15 alle 19.30 (chiuso settimana di Pasqua)
tel. 010 5955822

Articolo inserito il 29 marzo 2005