Architettura

Fehn: l'architetto in controtendenza
di Filippo Palladino

Sverre Fehn, già vincitore del premio Pritzker Prize, è uno degli architetti più significativi del nostro tempo. Figura introversa e poco votata alla pubblicità, Fehn non ha costruito opere mastodontiche, né grandi quartieri urbani, attenendosi in maniera scrupolosa alle sue idee. L’architetto norvegese realizza opere essenziali, ispirate ai grandi spazi, il mare ed i ghiacciai dei fiordi, come testimoniano i suoi schizzi, dove i manufatti sembrano essere minuscoli rispetto all’immensità dei paesaggi da lui rappresentati spesso solo con un lunga linea orizzontale. Eppure le sue opere, di fama internazionale, non possono ricondursi a nessuna corrente architettonica precisa. In controtendenza con qualsiasi stile, qualsiasi forma o idea preconcetta, Fehn opera nelle sue architetture come un artigiano; egli osserva la natura delle cose e la immutabilità dei mondi sconfinati che lo circondano. Il luogo dove realizzerà la sua creatura, dovrà di sintetizzare il dialogo tra l’architettura ed il contesto in cui essa nasce. Utilizza insieme ed in modo equilibrato i materiali più diversi il mattone, la pietra, il cemento, l’acciaio, il vetro ed il legno.

Museo di Aukrust

I suoi viaggi in Marocco, nei primi anni cinquanta, diedero a Fehn la possibilità di osservare e studiare attentamente le architetture antiche dei paesi nord-africani, anche se il maestro norvegese si è sempre riconosciuto nell’architettura moderna. Qui, egli nota che ogni elemento della costruzione, come ad esempio un semplice muro di una casa, assolve a molteplici funzioni: serve per riparare, per creare un appoggio per essiccare i datteri, diventa un sedile dove riposarsi. Ogni manufatto assolve ad una precisa funzione e nel contempo "comunica" con chi la osserva. Questo concetto informa tutte le opere dell’architetto norvegese ed in particolare il Museo Aukrust ad Alvdal, di epoca recente. In questo museo, il segno più pregnante è un grosso muro di spina centrale, lungo 170 metri, che serve per esporre i disegni, per contenere gli impianti e per avere un percorso preciso, semplice e lineare.

Padiglione dei Paesi Nordici - Giardini della Biennale di Venezia

Nelle prime opere degli anni cinquanta e sessanta, Fehn è essenziale, utilizza volumi semplici e puliti nella forma e nelle linee, come nel Padiglione dei Paesi Nordici ai Giardini della Biennale di Venezia, in cui interno ed esterno si fondono in un equilibrio perfetto. Negli anni successivi Fehn valorizza maggiormente l’aspetto domestico dell’architettura senza sminuire però l’aspetto costruttivo delle sue opere. Ricordiamo, tra le sue opere più emblematiche, il Museo Arcivescovile di Hamar, la cui realizzazione risale alla fine degli anni sessanta. Appassionato al mare ed alle navi, l’architetto norvegese conferisce alle sue opere essenzialità e leggerezza, dove l’elemento peculiare è la copertura, spesso molto grande e dominante rispetto alla facciata. A volte le falde di un tetto si fondono con il naturale declivio di terreni innevati e ghiacciati, come nel caso del Museo dei Ghiacciai di Fjaérland. Il tetto assume così anche il valore simbolico dell’"essere in un luogo", il senso del forte legame uomo-architettura-natura.

Interno del museo Hamar Interno del museo Hamar Museo dei Ghiacciai di Fjaérland