Architettura

La lettera dei 35 e gli interventi dei nostri Lettori
35 Professori in difesa dell’Architettura in Italia. E tu che ne pensi?
ARCHITETTI in RIVOLTA: liberiamo il paese dai colleghi stranieri [Carmela Riccardi, Nicola Desiderio]
Più etica e meno … ipocrisia [Marcello Silvestro]
Le risposte alla lettera dei 35
Le risposte di Ugo Rosa, Marco Gennari, Michele Sabatino, Stefania Poles, Angelo Luigi Tartaglia, Giorgio Nocerino
Risposta ai 35 di B+ C Architects: Opera senza passaporto
Ultime risposte all’appello dei 35

Le risposte alla lettera dei 35

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Questioni rilevanti
Arch. Riccardo Picciafuoco
Gentile redazione di archimagazine,
la lettera dei "35" pone questioni rilevanti non solo per l'architettura italiana ma anche per la cultura e per il nostro paesaggio; in definitiva, per una importante porzione di qualità della vita nel nostro amato e odiato Paese.
Ma, e qui sta il vero problema, sembra che di cultura e di paesaggio (tantomeno di architettura) non si interessino più di tanto i nostri politici, indaffarati come sono a trovare sistemi e trucchi per perpetuare… la loro stirpe ed i loro privilegi più che le buone tradizioni del progetto italiano contemporaneo.
Quindi, benvenute tutte quelle iniziative tese a dare qualche scossone agli ambienti culturali e politici e a provocare piccoli o grandi sussulti di orgoglio al mondo, in prevalenza dormiente e rassegnato, degli architetti italiani.
Cordialmente.


L'architettura italiana attraversa una situazione drammatica
Architetto Antonio Cortinovis
RISPOSTA volutamente sintetica, scevra del linguaggio accademico che caratterizza l'esprimersi dei signori firmatari l'appello.
Questi signori se ne accorgono solo ora, verrebbe da rispondere loro; e dove sono stati finora!
Forse che non sono stati, e sono, protagonisti di interventi, didattiche e scelte ideologico-filosofiche dell'architettura italiana  dal dopoguerra ad oggi.
Non hanno forse laureato più generazioni di architetti?
Al di là di qualche lodevole eccezione che si preoccupava e si preoccupa delle ricadute sulle generazioni di studenti - poi architetti - sono stati più animati dal desiderio di autorappresentarsi ed autopromuoversi come continuatori - o meglio 'mandarini' - di una ricerca monoculare e disgiunta della storia dell'architettura del XX secolo in Italia e lasciando all'ultimo gradino quando accadeva in Europa e nel mondo.
Il che è facilmente intuibile, anche se non accettabile, quando qualche professore-architetto è tanto 'umile'  da sentirsi 'proiettato nell'eternità'.
Ora, consci delle conseguenze generalizzate del loro operare che ha contribuito a determinare la palese "situazione negativa" per il nostro paese, additano le Soprintendenze (che se non ci fossero nulla impedirebbe ai professori-architetti-mandarini di perpetrare altri misfatti).
Solo ora indicano la strada del libero "accesso ai concorsi". Quelli che si sono tenuti in cui moltissimi dei firmatari erano commissari, come sono stati tenuti? Tutti linearmente e non animati da scelte orientate e/o centellinate in funzione di equilibri di corrente - o casta?
Che fare secondo loro? Potenziare il Darc! Dove alcuni di loro potranno continuare a svolgere il ruolo di mandarini perpetuando le logiche che hanno attuato nel passato.
Condivido che in campo architettonico il nostro Paese è in condizione di inferiorità nel consesso internazionale, ma le responsabilità sono ampie e di molti, mentre a detta dei signori firmatari sono solo di altri ed in nessuna parte loro: non è forse un modo per assolversi?


Sono molto d'accordo su quanto è stato detto
Arch. Clara Masotti
Sono molto d'accordo su quanto è stato detto. L'unico appunto che devo fare, pensiero che ho maturato nel corso della mia breve esperienza di studi all'estero (Portogallo, Olanda) e esperienza lavorativa presso l'Università italiana, è che il problema parte dalla base ovvero dalla formazione culturale e professionale degli architetti italiani. Presso le altre Università, infatti, ho potuto notare una "maggior serietà" dovuta al maggior impegno degli studenti che potendosi avvalere di migliori strutture, spazi, laboratori e maggiore disponibilità dei docenti, escono dal loro percorso formativo più qualificati rispetto agli studenti neolaureati italiani. Se, quindi, il problema degli architetti italiani esiste, non è, a mio avviso, risolvibile con forme di "protezionismo nazionalista", ma occorre capire a fondo il motivo che non è sicuramente dovuto solo alla poca "apertura mentale all'architettura o ai nuovi e giovani architetti italiani" da parte del nostro Paese. Grazie!


Cosa vogliono i nostri professori?
Arch. Giuseppe Sechi, 40 anni
Cosa vogliono i nostri professori, difendere l'italianità alla "….(omissis)"? Purtroppo per loro e finalmente per noi che ci sentiamo europei "senza se e senza ma" le... (omissis) banche Italia sono ormai al tramonto. Forse anche lor Professori hanno delle responsabilità sulle nostre città che dagli anni '70 in poi non credo siano citate da esempio mirabile nel panorama architettonico mondiale, tranne che sui nostri testi di storia dell'architettura (l'Albania, forse, oggi è meno provinciale). E mi riferisco all'esempio più memorabile dello Zen di Gregotti per non citarli tutti e 35 e tediarvi con i ricordi-incubi della nostra architettura di regime da prima-repubblica. Il sistema si è rotto? Finalmente! Competition is competition. Prodi docet. E allora su, progettare e mettersi sul mercato senza più chiacchere professorali. Sono certo che potrò vedere presto anche in Italia, dopo l'esempio timido di Genova (a proposito chi ha affossato il progetto globale di questa città?), l'inizio del nuovo rinascimento europeo che da Barcellona a Berlino, arriverà grazie a questo "de profundis" dei 35 insigni Professori Universitari, anche da noi. Io me lo auguro e penso anche voi. Solo per il bene dell'Italia.
Grazie.

Articolo inserito il 21 settembre 2005